Consiglio federale a Lugano all’insegna della banalità e dei luoghi comuni
Il Consiglio federale, come da copione, è arrivato in Ticino in pompa magna e quasi in corpore (mancava Ueli Maurer), con il consueto e spropositato dispositivo di sicurezza (di cosa si aveva paura? Coscienza sporca?).
Sempre da copione, la stampa di regime si è subito precipitata a sbrodolare sul “bagno di folla” e sugli applausi ricevuti da Burkhalter. Palese l’obiettivo partitico: dimostrare che in realtà i 7 scienziati, esponenti dei partiti $torici, sarebbero apprezzati e benvoluti dalla popolazione ticinese, è solo la Lega populista e razzista che…
Curiosità non vuol dire apprezzamento
Va da sé che le cose stanno in modo ben diverso. Curiosità non vuol dire necessariamente apprezzamento. La presenza di sei Consiglieri federali a Lugano non è un evento che si ripete sovente: normale che ci fosse un certo grado di curiosità. Ed in Piazza Riforma non c’era né tutto il Ticino, né tutta Lugano.
Del resto non è mancato chi ha manifestato il proprio dissenso. Sia in modo pubblico con bandiere listate a lutto e striscioni, sia interpellando a tu per tu i “ministri”. La Lega ha consegnato, per il tramite del coordinatore Attilio Bignasca, la lettera che trovate pubblicata a pagina 10. Daniele Casalini (Lega) e Tiziano Galeazzi (Udc), consiglieri comunali di Lugano, hanno dal canto loro consegnato un memorandum agli augusti (?) ospiti: lo scorso dicembre Casalini e Galeazzi avevano organizzato una manifestazione a Berna per consegnare un documento alla deputazione ticinese a Berna.
Protesta con grande dignità
Per buona pace della stampa di regime, subita corsa a slinguazzare con le papille in salivazione massima, lunedì a Lugano il dissenso c’era ed era forte. E’ stato espresso “alla svizzera”: con grande compostezza e dignità. Le scenate napoletane non sono nel nostro DNA. Al proposito, Bertoli è stato giustamente contestato, a seguito delle sue affermazioni sul voto del 9 febbraio. Burkhalter avrebbe dovuto esserlo altrettanto, visti i suoi continui e scellerati inviti ad “aprirsi” agli eurofalliti (i quali non si sognano di “aprirsi” nei nostri confronti). Non lo è stato. I ticinesi beneducati hanno ritenuto che con il presidente della Confederazione in visita, indipendentemente dalle fregnacce che quest’ultimo racconta, bisogna essere gentili. Del resto, se ci fossero state azioni plateali, subito la stessa stampa di regime avrebbe strillato allo scandalo. Naturalmente dando la colpa al presunto “degrado” e dando la responsabilità all’odiata Lega.
Perché il problema del Ticino, va da sé, non è la devastazione del mercato del lavoro, l’immigrazione scriteriata, lo sfascio della sicurezza (anche nelle nostre abitazioni) provocata dalla libera circolazione delle persone voluta dai partiti storici e dai loro tirapiedi. Non sia mai!
E’ tutto qui?
Il sindaco di Lugano, Marco Borradori, nel suo discorso di benvenuto, ha auspicato che la visita del Consiglio federale segnasse una svolta nelle relazioni tra il Ticino e la Confederazione.
Ma l’intervento di Burkhalter non dà alcuna speranza in questo senso. Non una parola è stata detta sui ticinesi soppiantati dall’invasione di frontalieri, sulla viabilità collassata a causa dei 60mila veicoli “in esubero” che si riversano sulle nostre strade, sulla criminalità in aumento esponenziale grazie alle frontiere spalancate alla criminalità dell’Europa dell’Est. Solo accenni uregiateschi a generiche difficoltà.
Il resto del discorso presidenziale è stato di una banalità e di una nullità sconcertante. I soliti luoghi comuni sul sole e sul paesaggio. La solita sviolinata su AlpTransit, naturalmente omettendo la parte importante. Ossia che quest’opera – costruita per l’UE ma finanziata interamente dagli svizzerotti i quali salderanno giulivi il conto di 25 miliardi – oltre non aver generato neanche per sbaglio le ricadute promesse sull’economia ticinese (lavorano solo ditte straniere), resterà monca. Perché il proseguimento a sud è sempre più disperso nelle nebbie.
Non poteva mancare, come ciliegina sulla torta, il patetico appello al “Ticino cuore della Svizzera”. Né il mantra degli “imminenti accordi con l’Italia”: che sentiamo, sempre uguale, da anni.
Signor presidente, non ha davvero nient’altro da dire al Ticino ed ai ticinesi?
E’ evidente che, con queste premesse, la visita del Consiglio federale a Lugano rimarrà esattamente quello che è stata: una costosissima occasione conviviale senza conseguenze pratiche.
E al contribuente resta il conto da pagare.
Lorenzo Quadri