Altro che “mezzo successo”, la resa dei conti sull’altra metà è solo rinviata
In Ticino a proposito di smantellamenti di uffici postali c’è poco da stare allegri! Altro che successo a metà perché la sopravvivenza di 48 uffici postali è “da verificare” (traduzione: verranno chiusi) mentre 61 sarebbero “garantiti”. Gli uffici in questione sono infatti “garantiti” solo fino al 2020. E il 2020, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, non si situa in un indefinito futuro. E’ dietro l’angolo. Sicché, ha ragione il sindacato Transfair quando dice che, dopo il 2020, ossia tra meno di tre anni, ricomincerà tutta l’attuale trafila; e addio uffici garantiti.
Il gioco delle tre carte
Del resto, la dirigenza postale è solita prodursi nel gioco delle tre carte. A trattare con i Cantoni non ci va la mega direttrice Susanne Ruoff pagata un milione all’anno. La signora manda dei quadri intermedi. I quali possono comunque sempre chiamarsi fuori, dicendo che le decisioni sono prese da altri. Un giochetto che è molto gettonato anche a livello di consiglio di amministrazione della Posta: “sum mia mì che decidi, a podi fa nagott”. Chi decide non va a trattare e a trattare (per finta) manda chi non decide. Questo tanto per chiarire cosa intende la Posta per “dialogo” con Cantoni e Comuni.
La Doris sta con Ruoff
Nella sessione delle Camere federali appena conclusa, il Consiglio nazionale ha approvato una mozione che mira ad ostacolare gli smantellamenti di uffici postali, ponendo regole più severe per quel che riguarda il criterio della raggiungibilità da parte dell’utenza. L’approvazione è avvenuta contro il parere della ministra dei trasporti, la Doris uregiatta, che si è sempre schierata a difesa delle scelte del gigante giallo. Argomento principe utilizzato in parlamento dalla Doris: “il servizio postale della Svizzera è il migliore d’Europa, a sentire la discussione odierna si direbbe che sia il peggiore”.
A parte che bisognerebbe vedere come vengono svolti certi confronti (tramite qualche statistica farlocca in stile SECO?), essere il miglior servizio postale d’Europa non è poi motivo di gran vanto, visto come funzionano le poste nei paesi a noi vicini. Inoltre: adesso il servizio postale svizzero sarà forse il migliore d’Europa. Come si posizionerà dopo gli smantellamenti stabiliti dalla Posta – se questi verranno messi a segno secondo gli intendimenti del “magic duo” Ruoff&Doris – è ancora da vedere.
Argomenti evanescenti
Altro argomento Leuthardesco per lasciar fare i propri comodi all’ex gigante giallo: se si impedisce alla Posta di chiudere tutti gli uffici che vuole chiudere, ciò genererebbe un “aumento dei costi”. Ohibò: risulta che la Posta (comunicato ufficiale di qualche settimana fa) nel primo semestre del 2017 abbia conseguito un utile del gruppo pari a 267 milioni di franchi, ossia 75 milioni in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quindi i soldi ci sono; c’è poco da piangere miseria.
Ci si lamenta quando una ditta privata licenzia per salvare il salvabile. Qui abbiamo invece un’azienda pubblica, interamente di proprietà della Confederella, che taglia alla grande – a scapito in prima linea delle solite regioni periferiche tra cui il Ticino – mentre gli utili aumentano. E la Doris uregiatta tenta di opporsi agli interventi parlamentari mirati a frenare gli smantellamenti postali menandola con i “costi”? Ciò non fa che corroborare quanto già scritto su queste colonne, ossia che il Consiglio federale approva le scellerate iniziative della Susanna “un milione all’anno” Ruoff perché vuole la mucca gialla da mungere. In altre parole, grazie agli utili della Posta ogni anno il governo si incassa un bel po’ di soldoni da spendere a piacimento, senza chiedere niente a nessuno.
Alquanto evanescenti anche altre argomentazioni del tipo “la Posta non chiude uffici senza offrire alternative”. Peccato che nel caso concreto l’alternativa sia più o meno l’equivalente di: vi ritiriamo le automobili e in cambio vi diamo dei cavalli.
Posti di lavoro
Gli smantellamenti postali pongono ovviamente anche dei problemi occupazionali non di poco conto. Infatti i posti di lavoro destinati alla sparizione sono remunerati dignitosamente, e spesso sono occupati da svizzeri (che magari lavorano da decenni per la Posta). Queste opportunità d’impiego verranno a mancare non solo per il presente, ma anche per il futuro. E nelle agenzie postali la musica (ovvero le condizioni di lavoro) sono ben diverse.
Forse la signora megadirettrice postale da un milione all’anno non si rende conto che non sta tagliando “solo” un servizio pubblico e tanti posti di posti di lavoro, ma sta smantellando quello che una volta era un simbolo e una ragione d’orgoglio per la Svizzera.
Lorenzo Quadri