Dopo l’iniziativa per l’elezione del Consiglio federale da parte del popolo (bocciata di netto, come prevedibile: verrà dunque sottoposta ai cittadini senza controprogetto e con la raccomandazione di votare no) lunedì in Consiglio nazionale approderà la seconda iniziativa popolare al vaglio nella sessione invernale in corso: quella per l’abolizione dell’obbligo di prestare servizio militare, lanciata dal gruppo Svizzera senza esercito. Svizzera senza esercito perché? La risposta è semplice. Per portarci nella fallita Unione europea, perché questo è quanto vogliono i fautori dell’iniziativa. E’ quindi una singolare coincidenza che il dibattito alla Camera del popolo avvenga a pochi giorni di distanza dal 20° anniversario del No elvetico allo SEE (6 dicembre 2012). No in cui, ci piace ribadirlo in questo Cantone dalla memoria a corta gittata, la Lega ha svolto un ruolo determinante, avendo determinato il voto ticinese, ed il voto ticinese ha a sua volta stabilito l’esito a livello nazionale.
L’esercito di milizia svizzero è da anni “sotto attacco” (per utilizzare un termine adatto all’ambiente). Sia nel complesso, sia nelle sue parti. Ricordiamo al proposito la votazione del febbraio 2011 contro l’arma d’ordinanza a domicilio, votazione i cui promotori hanno giocato tutto sull’emozionalità, e per fortuna che i populisti sarebbero a destra.
L’esito della votazione era dato per scontato dagli organi d’informazione (non per nulla c’è una maggioranza di giornalisti di $inistra). Invece le cose sono andate diversamente. E’ chiaro che in quel 13 di febbraio non si decideva solo sul luogo di custodia dell’arma di ordinanza, ma su un modo di intendere il rapporto tra cittadino e Stato e su una specificità svizzera. L’esercito di milizia elvetico, il cittadino-soldato con arma d’ordinanza a domicilio ben rappresentano un rapporto tra cittadino e Stato improntato alla responsabilità e alla fiducia. Che non è di sicuro il rapporto che vige nell’UE.
L’esercito svizzero è tante cose: è un elemento di coesione nazionale, è un importante datore di lavoro, è una fonte di ricadute economiche sul territorio (pensiamo agli esercizi pubblici in zone discoste che hanno chiuso i battenti dopo la dismissione di caserme) ma rappresenta soprattutto un modo di essere cittadini. Il cittadino-soldato appunto. “La Svizzera non ha un esercito, la Svizzera è un esercito”.
Questo modo di essere cittadini improntato a responsabilità e partecipazione non è certo quello dominante nell’UE antidemocratica. UE comandata, da Bruxelles, da una manica di burocrati che nessuno ha eletto e che nessuno, potendo scegliere, eleggerebbe. Per questo chi vuole distruggere la Svizzera portandola nell’Unione europea vuole abolire l’esercito, nascondendosi poi dietro pretesti pseudo-ideologici. Quando invece l’armata svizzera non solo non deve venire smantellata, ma va, anzi, potenziata.
Infatti con l’UE e non solo siamo in guerra economica e dunque, se vogliamo ottenere un minimo di rispetto, dobbiamo disporre di un esercito credibile. Invece la $inistra europeista prima ha spalancato le nostre frontiere e adesso vuole annullare l’esercito consegnandoci direttamente ai balivi UE. “Un paese che non difende i propri confini è un paese morto”: così disse un saggio visitatore straniero arrivando in Svizzera e notando le frontiere spalancate.Tanto per essere sicuri che il paese sia davvero morto e non solo in coma, adesso la $inistra ci vuole propinare la seconda puntata: abolizione dell’esercito di milizia, in modo da consegnarci inermi a chi – Stati bancarottieri a noi vicini – vuole papparsi il succulento boccone elvetico.
Se già adesso siamo diventati il punching ball del mondo intero, grazie ad un Consiglio federale fermo solo nel cedimento, se già adesso chiunque si crede in diritto di attacarci impunemente, figuriamoci senza esercito. Come lasciare in mezzo alla strada una cassaforte spalancata. Per questo la Svizzera ha bisogno di un esercito credibile.
Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale Lega