Studio sulla sottoccupazione, indagine sulle condizioni di lavoro e ricerca zurighese
E tutto nel giro di un paio di settimane – le richieste di chiudere la SECO e l’IRE appaiono quanto mai attuali
Tempi decisamente duri per i soldatini della libera circolazione e delle frontiere spalancate. Quelli del “l’è tüt a posct”. Quelli che “il dumping e la sostituzione non esistono, sono solo un’invenzione politica” (traduzione: sono una balla populista e razzista).
Tempi duri, perché nel giro di un paio di settimane i citati soldatini hanno subito asfaltature plurime.
Sono infatti arrivati:
- Lo studio sulla sottoccupazione, realizzato dall’Ufficio cantonale di statistica (Ustat), che indica come il fenomeno sia raddoppiato in un decennio. Per sottoccupate si intendono le persone impiegate a tempo parziale, ma non per scelta. Vorrebbero lavorare di più, ma devono accontentarsi di quel che passa il convento. Queste persone, “parzialmente disoccupate”, non figurano nelle statistiche farlocche usate dalla SECO. Allo stesso modo in cui non appaiono quelle persone che, dopo aver perso l’impiego, rinunciano a lavorare, e fanno le casalinghe (o i casalinghi) per forza. Se il reddito del partner basta a mantenere l’intera economia domestica, questi disoccupati sfuggono alle statistiche degli URC e dell’assistenza. Ma la loro esclusione dal mondo del lavoro porta meno entrate fiscali per l’ente pubblico e meno potere d’acquisto per i diretti interessati. E’ ovvio che la sottoccupazione dipende dall’invasione da sud. I frontalieri occupano posti di lavoro che altrimenti andrebbero ai residenti. I quali si devono arrangiare come possono.
- L’indagine sulle condizioni di lavoro effettuata dal sindacato TravailSuisse, dalla quale emerge che quelle del Ticino sono le peggiori della Svizzera. I ticinesi temono di perdere l’impiego (infatti potrebbero venire sostituti con frontalieri da un giorno all’altro) e ritengono che gli stipendi non siano adeguati alle prestazioni richieste (certo, perché gli stipendi non solo non crescono, ma subiscono pressioni verso il basso: si chiama dumping salariale ed è causato dalla libera circolazione delle persone).
- Qualche giorno fa è arrivata anche la terza asfaltatura. La più esplicita di tutte: lo studio della Divisione dell’economia pubblica di Zurigo pubblicato la scorsa domenica dalla NZZ. Da questa inchiesta risulta che in Ticino solo un frontaliere su sei lavora in settori dove non si trova manodopera locale, e che quattro lavoratori stranieri su cinque non sono necessari. Una conferma esplicita della necessità di applicare subito Prima i nostri (che però la partitocrazia cerca di sabotare).
La sostituzione c’è
Lo studio zurighese dimostra quindi che l’effetto sostituzione, sul nostro mercato del lavoro, c’è eccome. Del resto, negarlo significa negare l’evidenza. I frontalieri sono triplicati in un decennio nel settore terziario. Quindi proprio nel settore in cui non c’è alcuna carenza di manodopera locale, semmai il contrario. Del resto l’Ufficio cantonale di statistica, in uno studio del 2013 (lo abbiamo citato la scorsa domenica) già scriveva che il profilo professionale dei frontalieri è sempre più simile a quello dei lavoratori residenti. Questo significa che i frontalieri non colmano affatto una lacuna: semplicemente si sostituiscono ai ticinesi.
Non erano tutte balle?
Ma come, non dovevano essere tutte balle populiste e razziste? Ohibò, vuoi vedere che l’Ustat, Travail.Suisse ed anche la Divisione dell’economia pubblica di Zurigo, sono tutti dei covi di beceri leghisti, populisti e razzisti? O invece sono la SECO e l’IRE che si servono di statistiche taroccate per fare menzognera propaganda politica alla libera circolazione, la quale appare ciurlare più che mai nel manico? Eh già: poiché è evidente che dalle camere federali in materia di concretizzazione del “maledetto voto” del 9 febbraio uscirà o una ciofeca immane, o una ciofeca un po’ meno immane, c’è da sperare che il buon Blocher manterrà la promessa di lanciare un’iniziativa popolare contro la libera circolazione delle persone. E un’iniziativa di questo tipo ha attualmente delle buone chance di venire approvata dal popolo. Perché il vento sta cambiando e perché le fregnacce ed i ricatti della partitocrazia e delle élite spalancatrici di frontiere non fanno più presa. Da qui gli ossessivi tentativi di lavare il cervello ai cittadini in favore dell’immigrazione scriteriata, inventandosi vantaggi che non ci sono e negando i disastri. Ricordiamo anche che l’ex vicepresidente della Banca nazionale svizzera Jean Pierre Danthine ha detto che la libera circolazione delle persone è inutile all’economia.
Chiudere
Visto che la SECO si è ormai ridotta ad un organo di propaganda politica pro-bilaterali, che però costa al contribuente 100 milioni all’anno, e l’IRE le tira dietro ma con l’aggravante di trovarsi in Ticino, il discorso sulla chiusura di questi due istituti rimane di evidente attualità. E il bello è che, malgrado le smentite arrivino ormai a valanga, il direttore dell’IRE Rico Maggi pretende ancora di avere ragione.
Lorenzo Quadri