I camerieri dell’UE in Consiglio federale costretti a tirar fuori le cifre. Ed infatti…

Com’era già la fregnaccia raccontata dagli spalancatori di frontiere multikulti? “Immigrazione uguale ricchezza”?

Una delle favolette classiche dei fautori della devastante libera circolazione delle persone è che gli immigrati, con i loro contributi, pagherebbero la pensione agli svizzeri.

Ed infatti, dopo tre lustri di libera circolazione e quindi di immigrazione incontrollata, i conti dell’AVS sono sempre più in rosso. Al punto che la maggioranza della Commissione sicurezza sociale e sanità del Consiglio degli Stati (Csss-S) se ne esce a cianciare che bisogna non solo portare l’età della pensione delle donne da 64 a 65 anni, ma pure decurtare – sempre per le donne – le misure di compensazione previste dal progetto del Consiglio federale a favore della generazione che raggiungerà l’AVS negli anni successivi all’entrata in vigore della riforma (si presume nel 2024).

Assalto all’AD

E’ ovvio che di attuare misure del genere non se ne parla nemmeno: prima si azzerano i regali all’estero e si taglia alla grande sugli stranieri in assistenza, poi ne riparliamo. Ma, al di là di questo, la situazione finanziaria in cui versa l’AVS è la dimostrazione che gli immigrati non pagano nemmeno le proprie, di rendite pensionistiche.

La devastante libera circolazione delle persone sta inoltre svuotando anche le casse dell’Assicurazione contro la disoccupazione (AD). La quale, e non ci vuole il Mago Otelma per prevederlo, presto si ritroverà ad essere “estremamente sollecitata” a seguito del lockdown infinito deciso dal P$ e dal suo consigliere federale kompagno Berset.

Chi paga e chi attinge

Che l’immigrazione fosse perniciosa anche per le casse dell’AD non è certo una sorpresa. Ma adesso il Consiglio federale, prendendo posizione su un atto parlamentare, è costretto a tirar fuori alcune cifre (che altrimenti sarebbero rimaste imboscate in uno dei soliti rapporti che nessuno legge).

Come noto, in regime di devastante libera circolazione, l’immigrato dall’ UE che perde l’impiego può far valere, nel calcolo della rendita di disoccupazione svizzera, il periodo che ha lavorato in uno Stato membro, come se avesse lavorato qui. In teoria quindi dopo un giorno di lavoro da noi un neo-permesso B potrebbe aver diritto alla rendita di disoccupazione piena. Senza aver versato contributi.

Le cifre indicate dal governicchio federale, che rimanda al 16° rapporto dell’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, parlano chiaro: i lavoratori svizzeri versano il 69.4% del totale dei contributi AD ma ricevono solo il 55.4% delle rendite. Gli stranieri provenienti dai paesi UE versano il 25% dei contributi e ricevono il 31% delle indennità. Queste percentuali variano da una nazionalità all’altra. E, ma tu guarda i casi della vita, se i tedeschi ed i francesi, come gli svizzeri, immettono nelle casse dell’AD più di quanto attingono, per gli italiani il bilancio è invece chiaramente negativo. I tedeschi infatti versano il 6.7% dei contributi e prelevano il 5.8% delle rendite. Per i francesi, le cifre sono del 4.4% contro il 3.9%. Gli italiani invece pagano il 4.8% e prelevano il 6.3%!

Quanti furbetti?

Ora, per ovvi motivi la concentrazione di italiani è maggiore in Ticino rispetto al resto della Svizzera. Questi cittadini tricolore in disoccupazione, hanno perso l’impiego dopo anni di onesto lavoro? O si tratta invece dei soliti furbetti dell’italico quartierino che hanno trovato in casa nostra “ul signur indurmentàa”? Vedi immigrati che hanno ottenuto un permesso B sulla scorta di un contratto di lavoro farlocco che poi, misteriosamente (?), nel giro di poco tempo è stato disdetto. Col risultato che l’ex lavoratore, pur non avendo mai versato contributi, si cucca una rendita AD piena (grazie al giochetto del conteggio dei periodi lavorati altrove).

Contributi in base alla nazionalità

Come evitare che le casse della nostra assicurazione contro la disoccupazione vengano svuotate da immigrati?

Una cosa da fare è diversificare i contributi di disoccupazione in base alla nazionalità. A chi usufruisce di più, si applicano trattenute salariali più elevate. Questo vale sia per i dipendenti, ma anche (ovviamente) per i datori di lavoro. Così magari qualche imprenditore “con scarsa sensibilità sociale” si deciderà ad assumere cittadini svizzeri e non italiani!

Una mozione in questo senso è stata presentata in giugno 2020 in Consiglio nazionale dal deputato Udc Thomas Matter. Naturalmente, i camerieri dell’UE in CF replicano scandalizzati che “sa po’ mia”, a causa della solita libera circolazione delle persone. Signori, ne abbiamo piene le tasche dei vostri “sa po’ mia”!

E’ ora di applicare la preferenza indigena votata dal popolo e quindi di privilegiare i lavoratori svizzeri! A maggior ragione nell’imminenza della “più grande crisi economica del dopoguerra”!

Altro che continuare a blaterare di libera circolazione come se fosse un dogma sacro ed intoccabile!

Lorenzo Quadri