Petizione: sì all’inasprimento delle pene per chi aggredisce i poliziotti

Questa settimana è stata lanciata online una petizione, promossa dall’Associazione degli amici delle forze di polizia, che chiede l’inasprimento delle sanzioni per chi aggredisce gli agenti. Le cifre addotte a supporto della richiesta sono certamente preoccupanti. Se nel 2000 in Svizzera le aggressioni ai danni delle forze di polizia denunciate erano 774, nel 2015 si era saliti a 2567, dopo un picco di quasi 3000 nel 2012. Una casistica che ben evidenzia la necessità di agire.

Sentirsi motivati è necessario
Per poter garantire in modo efficace la sicurezza dei cittadini, gli agenti di polizia devono anche sentirsi motivati. Ciò che, è ovvio, diventa ben difficile se si trovano a lavorare in un clima di continua delegittimazione. Eppure è proprio questo che sta accadendo.

Da un lato ci sono leggi “di manica larga” con pene ridicole per chi commette violenze o minacce nei confronti di autorità nell’esercizio delle proprie funzioni. E’ infatti evidente che sanzioni che non comportano la detenzione non hanno alcun effetto dissuasivo. Perché le pene pecuniarie, specie se sospese condizionalmente, non solo non sono deterrenti, ma costituiscono semmai un invito a perseverare. A maggior ragione, poi, quando la “pecunia” proprio non c’è, come è spesso il caso dei giovani violenti.
Dall’altro c’è il garantismo spinto di certa magistratura buonista, il cui obiettivo sembra essere quello di tutelare i malfattori.
In mezzo c’è la continua delegittimazione delle forze dell’ordine ad opera, ad eempio, delle cerchie spalancatrici di frontiere. Quelle che negano ad oltranza – pur di non dar ragione ai “razzisti e fascisti” – l’evidenza della criminalità d’importazione, e in particolare dei giovani stranieri violenti. E allora, se questa criminalità non esiste, giocoforza azionare la macchina del fango contro chi la combatte: a partire dai poliziotti. Ed in ogni caso, prendersela con chi indossa un’uniforme è quasi un dovere d’ufficio per i politikamente korretti.

Gli sfogatoi
A ciò si aggiunge il proliferare dei social network e dei blog, anche associati a portali d’informazione, che magari beneficiano pure di entrate finanziate col canone radioTV più caro d’Europa. Su questi blog taluni si sentono autorizzati, naturalmente protetti da un coraggiosissimo anonimato, a sfogare ad oltranza le proprie più basse frustrazioni, dando vita ad autentiche cloache, che però i gestori dei siti non hanno alcun problema a tollerare, nell’illusione di un click in più. Prese di mira in questi sfogatoi sono le autorità in generale, e le forze dell’ordine in particolare.

Si sono inoltre aggravati gli atti violenti ad opera di frequentatori di cosiddetti centri autogestiti, evidentemente ringalluzziti dall’eccessiva tolleranza di cui hanno beneficiato. Vedi i recenti scontri a Berna; ma anche a Lugano all’ex Macello abbiamo visto, di recente, inquietanti derive su cui non si può transigere.

Analogie
La situazione delle forze dell’ordine presenta, alla fine, delle analogie con quella, pure attuale, delle vittime di aggressioni al proprio domicilio.

Nel senso che in entrambi i casi la legge – e quindi la società che la emana – deve fare una scelta di campo.
In un caso si tratta di schierarsi con chi è aggredito in casa e che non deve finire sul banco degli imputati perché ha difeso se stesso, i propri congiunti ed i propri averi. Nell’altro si tratta di stare dalla parte degli agenti di polizia che svolgono il proprio lavoro a difesa della collettività. Ma è chiaro che chi serve la collettività deve sentirsi sostenuto, e non messo in croce. Il sostegno parte proprio dallo stabilire sanzioni “vere” – quindi detentive – nei confronti di chi commette violenza contro i poliziotti. Per questo, la petizione online lanciata dagli amici delle forze di polizia merita di venire firmata.
Lorenzo Quadri