I galoppini PLR delle multinazionali ancora la remenano con la “carenza di manodopera”

Le elezioni federali si avvicinano. E dunque le associazioni economiche contigue all’ex partitone – vedi l’Unione svizzera degli imprenditori ed Economiesuisse, che hanno tenuto nei giorni scorsi una conferenza stampa a Berna  – continuano a blaterare a sostegno dell’immigrazione incontrollata, ripetendo come dei dischi rotti il mantra della “carenza di manodopera”. Ma che ce ne diano una fetta.

Arrivi sbagliati

Sono vent’anni che le frontiere elvetiche sono spalancate. Risultato: la popolazione della Confederella è aumentata di 1.5 milioni di abitanti in due decenni (crescita che non ha pari in nessun altro paese europeo). Però  lorsignori ancora la remenano con la presunta carenza di manodopera. Questo vuole dire semplicemente una cosa: la politica dell’immigrazione incontrollata voluta dalla partitocrazia ha FALLITO, perché sono arrivate le persone sbagliate. Quelle che non servono all’economia. Ed infatti solo il 55% degli immigrati si trasferisce in Svizzera per lavorare, e solo un quinto di questi ultimi è attivo in settori in cui c’è carenza di personale.

Quindi, che i galoppini PLR delle multinazionali – bramose di forza lavoro straniera a basso costo – la piantino con la fanfaluca dell’immigrazione come “parte della soluzione” (?). Altro che soluzione: gli eccessi migratori sono uno dei problemi principali della Confederella!

Siamo qui in troppi

20 anni di libera circolazione delle persone hanno avuto in Svizzera conseguenze negative sul mercato del lavoro, sulla sicurezza, sullo stato sociale (preso d’assalto), sulla cementificazione, sul consumo di risorse e di energia, sul traffico, sull’inquinamento, sulla necessità di infrastrutture, sulla coesione nazionale, sul sistema sanitario, sulla qualità della scuola, e via elencando.

La realtà è che siamo qui in troppi. Tra una ventina d’anni il nostro piccolo Paese potrebbe ritrovarsi con 10 milioni di abitanti (alla faccia della “sostenibilità”, per usare un termine che piace alla casta!). Però i galoppini delle multinazionali vogliono ancora più immigrazione scriteriata? Ma col fischio!

L’immigrazione deve tornare ad essere controllata e limitata. Anche perché, in caso contrario, a mancare saranno i lavoratori elvetici. In Ticino, a causa dell’invasione da sud, a partire sono i ticinesi. Ma forse è proprio questo che vogliono Economiesuisse e compagnia cantante: così avranno la scusa per assumere stranieri e pagarli meno.

Danno $inistrato

Naturalmente a peggiorare la situazione arrivano i soliti $inistrati. Costoro pretendono di vivere nel paese del Bengodi con i soldi degli altri, e vorrebbero “lavorare meno con lo stesso salario”. Il pensiero unico mainstream sta inoltre pistonando il mito dell’occupazione a tempo parziale. E’ ovvio che, se tutti lavorano part-time, poi la manodopera manca, in particolare in settori già critici come quello sanitario!

Altrettanto ovvio  è che, se si continua a riempire la Svizzera di immigrati che non lavorano, o che portano via il posto ai residenti, le presunte lacune non si colmano affatto.

La partitocrazia spalancatrice di frontiere, con la devastante libera circolazione, ha eliminato il  legame, fondamentale, tra immigrazione ed esigenze dell’economia. Adesso vediamo il risultato!

Frontalieri: NO al telelavoro

Anche il frontalierato è una componente dell’immigrazione incontrollata. Berna e Roma non hanno concluso alcun “accordo amichevole transitorio” sul telelavoro dei frontalieri entro il 30 giugno, contrariamente a quanto era stato fatto balenare nei mesi scorsi dopo un incontro della ministra delle finanze Ka-Ka-eS con l’omologo italico Giancarlo Giorgetti. Bene così.

Come già scritto in più occasioni, siamo assolutamente contrari ad un nuovo accordo sul telelavoro dei frontalieri. Esso costituirebbe infatti l’ennesima, deleteria agevolazione ai permessi G attivi nel terziario. Quelli che non rispondono ad alcuna carenza di manodopera residente, ma al contrario la soppiantano. Ed il cui numero continua a crescere senza controllo.

Gli infermieri e gli operai edili o dell’industria, infatti, non possono stare a casa in smart working. E, se i frontalieri che lavorano in ufficio si sentono “discriminati” nei confronti dei colleghi ticinesi perché non possono usufruire dell’home office (o meglio: di per sé potrebbero, ma perdendo il privilegio fiscale dei frontalieri), non hanno che da cercarsi un impiego in patria.

A Berna è ancora pendente la mozione di chi scrive, che chiede al governicchio federale di non sottoscrivere con Roma un nuovo accordo amichevole sul telelavoro dei permessi G. Il fatto che l’intesa non sia finora stata trovata è un buon segno: vuol dire che è l’Italia ad essere scettica. Perché, fosse dipeso dagli svizzerotti…

Lorenzo Quadri