Il divieto non lede la libertà di religione, confermano i giudici di Strasburgo; e adesso avanti con la concessione della garanzia costituzionale al voto ticinese antiburqa, di modo che quest’ultimo possa diventare finalmente operativo
Dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, certamente poco sospetta di populismo, leghismo e razzismo, arriva una bella e sonora stangata per i fautori del politikamente korretto e della svendita dei nostri principi fondamentali davanti agli immigrati provenienti da altre culture.
L’alto tribunale ha infatti stabilito, in via definitiva, che il divieto francese di portare il burqa in pubblico non lede la libertà di religione né la libertà individuale poiché “persegue lo scopo legittimo di proteggere i diritti e le libertà altrui e di assicurare il rispetto dei minimi requisiti del vivere insieme”.
Regole minime
Contrariamente a quanto strillavano i fautori del multikulturalismo becero, dunque, uno Stato può legittimamente decidere che è vietato girare a volto coperto poiché ciò contravviene ai requisiti minimi del vivere insieme stabiliti dalla nostra società. Dunque, si conferma che l’immigrato proveniente da altre culture non può rifiutare di adattarsi a queste condizioni minime invocando la propria religione od i propri costumi. Non è di conseguenza possibile, come vorrebbero i fautori del multikulturalismo completamente fallito, che uno straniero pretenda di vivere in Svizzera come se fosse in Pakistan. La sentenza della Corte europea è importante in termini generali perché sancisce, nero su bianco, un principio che dovrebbe essere ovvio, anche se i beceri rottamatori della società occidentale si sono finora rifiutati di prenderne atto: l’immigrato deve adattarsi al paese in cui vive. E non si tratta solo di rispettarne le leggi, ma anche i valori fondamentali. Pretendere che tutte le culture possano convivere tranquillamente una accanto all’altra senza chiarire chi deve dare il “la”, porta alla catastrofe. I valori liberali che stanno alla base della nostra società vanno difesi e, se necessario, imposti. Il discorso deve essere chiaro: questi sono i nostri punti fermi. Se vuoi vivere da noi, ti adegui. Se non vuoi o non puoi adeguarti, fai fagotto.
Importante per il Ticino
Ma la sentenza della Corte europea è importante anche per il Ticino. Il nostro Cantone ha infatti approvato a larga maggioranza l’iniziativa antiburqa promossa dal Guastafeste e appoggiata, fin dall’inizio, dalla Lega.
Tuttavia, malgrado il voto popolare, il divieto è ancora nel limbo: le Camere federali non hanno infatti ancora accordato la garanzia costituzionale. La decisione europea toglie ogni argomento a chi, sotto le cupole bernesi, volesse starnazzare a strumentali incompatibilità del divieto con la libertà di religione. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito che bandire il burqa si può. O vuoi vedere che quegli stessi $inistrorsi che citano la Corte in questione ogni tre per due pensando di poterla sventolare come spauracchio contro i populisti e razzisti intendono misconoscerla nel momento in cui non dà loro ragione? Come il popolo che vota contro l’immigrazione di massa, per cotanti pozzi di scienza, è scemo, vuoi vedere che adesso anche i giudici europei sono improvvisamente diventati scemi?
Il No al divieto non ha più argomenti
A questo punto, dunque, un eventuale rifiuto della concessione della garanzia costituzionale da parte delle Camere federali non avrebbe più alcuna giustificazione. Costituirebbe semplicemente uno scandaloso sopruso nei confronti dei diritti popolari. Un sopruso di cui nessuno si può permettere di prendersi il rischio. Visto che adesso non ci sono più scuse per procrastinare, avanti con la concessione della garanzia.
La sentenza di Strasburgo apre inoltre le porte ad un divieto di burqa generalizzato in tutta la Svizzera.
Difendere un presunto diritto a portare il burqa in Svizzera significa difendere il diritto (?) all’oppressione della donna. E significa affermare la facoltà dell’immigrato da altre culture di vivere in Svizzera rifiutando ostentatamente qualsiasi sforzo di integrazione. Ci sono stili di vita che sono incompatibili con la nostra società e questi stili di vita non possono essere difesi ricorrendo al solito mantra della “multikulturalità”, che tutti hanno ormai identificato come la facile scorciatoia per giustificare ogni sorta di pretesa, ed ottenerne la soddisfazione.
Se poi a voler portare il burqa volontariamente sono donne svizzere convertite all’Islam radicale, queste signore siano coerenti: visto che rifiutano lo stile di vita occidentale, lascino il paese e la società in cui non si riconoscono più e vadano a sfoggiare i loro burqa volontari in paesi retti dai talebani. Pretendere di farlo in Svizzera è davvero troppo comodo.
Lorenzo Quadri