Come previsto, lo spirito iniziale di grande accoglienza cede il passo all’insofferenza

Tutto come previsto. Col passare dei mesi, lo spirito di grande accoglienza nei confronti dei profughi ucraini è andato scemando. Del resto si trattava di una “disposizione emotiva” eccezionale, che già per sua natura non poteva durare nel tempo.

A far scemare la solidarietà ha provveduto anche il governicchio federale allo sbando che sempre più impantana la Svizzera nel conflitto, rendendola parte in causa (altro che paese neutrale).

Se infatti l’essere schierati con la fallita UE e con il rimbamBiden comporta (elenco non esaustivo):

  • un flusso migratorio insostenibile (sia in senso finanziario che logistico che sociale),
  • gli effetti-boomerang delle sanzioni alla Russia,
  • la crisi energetica,
  • il versamento di centinaia di milioni di aiuti straordinari,
  • e pure la fine della neutralità

è evidente che il prezzo è troppo alto. E non siamo disposti a pagarlo.

Iniziativa sciagurata

Stendiamo poi un velo pietoso sull’ultima sciagurata iniziativa del “medico italiano” (cit. Corriere della Sera) del PLR: ossia la visita “a sorpresa” a Kiev, del tutto inutile all’atto pratico ma deleteria dal profilo della neutralità. Il “medico italiano”, a cui traballa la cadrega, sabota la neutralità per la propria propaganda personale: si illude che questo possa salvargli il posto nel governicchio federale dopo le elezioni federali dell’anno prossimo.

Tra l’altro, attendiamo sempre di sapere quanto è costata l’inutile Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina tenutasi ad inizio luglio a Lugano. A spanne si sa che la fattura si aggira sugli 8 milioni di franchetti, tuttavia i consuntivi definitivi mancano ancora. Nel frattempo si è però “scoperto” (e certo non è una sorpresa) che eventuali decisioni sulla “ricostruzione” (?) dell’Ucraina si prenderanno semmai in una prossima riunione a Berlino. Quindi la Conferenza di Lugano contava come il due di picche.

Perfino nel ro$$o Vaud…

Più passano i mesi, più i SUV Porsche e Maserati con targhe ucraine che sfrecciano sulle nostre strade suscitano “perplessità”. Perfino nel ro$$o Canton Vaud. Dove l’indignazione è esplosa dopo la scoperta che una coppia con quattro figli, dove i genitori guidano due bolidi del valore ben superiore a 100mila franchi l’uno, riceve 4000 franchi al mese dall’Istituto vodese per l’accoglienza dei migranti. Apperò!

Il caso è stato riportato nei giorni scorsi dal portale tio.ch

Naturalmente la SEM, Segreteria di Stato per la migrazione, si affretta a precisare che i sussidi vengono elargiti solo a quei profughi che ne hanno bisogno. Come no. E noi dovremmo bercela? La realtà è infatti piuttosto diversa.

Premessa: anche i ricchi hanno il diritto di scappare dalle bombe. Ma, se arrivano in Svizzera, devono almeno avere il buonsenso di non chiedere sussidi. Dovrebbero semmai essere loro a dare dei soldi a noi in cambio della sicurezza che trovano qui; non certo il contrario.

Vogliamo sperare che non tutti i titolari dei macchinoni con targhe “UA” abbiano domandato  sussidi. Il problema è che chi lo fa, poi li ottiene anche. Basta che dichiari di essere in una situazione di bisogno. La  burocrazia svizzerotta non ha in effetti alcun modo di verificare se l’asserita situazione di bisogno sia reale oppure no. Mica può controllare l’esistenza di conti bancari o di proprietà immobiliari in Ucraina. E quindi scuce soldi pubblici sulla parola!

Sulla parola

Capita l’antifona? Prima di elargire un qualche aiuto ad un ticinese in difficoltà, lo Stato pretende la produzione di una marea di scartoffie e di attestati. Ficca il naso anche nelle mutande del richiedente. Per compilare il formulario per l’ottenimento della prestazione complementare all’AVS (addirittura 9 pagine) ormai ci vuole un fiduciario. Però ai profughi ucraini si elargiscono aiuti sulla parola. Ma come è facile fare fessi gli svizzerotti! E poi qualche decerebrato ha ancora il coraggio di accusarci di razzismo?

E i bolidi del valore di centinaia di migliaia di franchi? Poiché la permanenza  dei profughi sembrava temporanea (appunto: sembrava) è stato deciso di non obbligare i proprietari a venderli per mantenersi. La decisione vale fino a fine anno.

Visto che al 31 dicembre purtroppo in Ucraina non sarà tornata la pace – perché nessuna delle parti belligeranti la vuole – il minimo è che la decisione di cui sopra non venga rinnovata.

Dal cittadino ticinese che è al verde ma possiede una Bentley, giustamente lo Stato, prima di elargire aiuti (soldi del contribuente), pretende che venda la Bentley ed utilizzi il ricavato per la propria sussistenza. Per quale motivo per i profughi ucraini non dovrebbe valere la stessa cosa?

Previsioni iniziali stravolte

Per peggiorare ulteriormente la situazione, la ministra di giustizia PLR Karin Keller Sutter (Ka-Ka-eS) ha annunciato che non è nemmeno necessario prorogare gli statuti S. Questi infatti hanno durata di un anno, estendibile fino a cinque. Ma il permesso S comporta una serie di privilegi che sono tollerabili se il titolare resta in Svizzera per qualche settimana o al massimo qualche mese. Questo era peraltro lo scenario “venduto” all’inizio della guerra (non si sa se in buona fede o per  infinocchiare il popolazzo). Ma se il beneficiario dello statuto S rimane per cinque anni per poi magari passare al permesso B, è ovvio che la musica cambia!

Poiché l’ipotesi iniziale è stata completamente stravolta, occorre adeguarsi. Non è più sostenibile privilegiare gli ucraini rispetto agli altri profughi.

Tirare le somme

Tanto per non farsi mancare niente, il governicchio federale ha deciso stanziare altri 100 milioni di franchi (soldi nostri) per sostenere l’Ucraina durante l’inverno. Ci fossimo trovati in difficoltà noi, sarebbe bello sapere quanti aiuti sarebbero arrivati da Kiev.

In nome della tanto decantata trasparenza, ci aspettiamo che Berna renda pubblico quanto stiamo spendendo per la guerra in Ucraina.

Da un lato i costi generati dai profughi. Inclusi quelli nell’ambito sanitario, dove gli uccellini cinguettano di abusi a go-go, con rifugiate che pretendono pure di farsi fare le iniezioni di botox. Dall’altro tutte le spese collaterali (aiuti diretti sul posto, conseguenze delle sanzioni boomerang contro la Russia, inflazione, eccetera).

I nostri soldi pubblici servono a noi. Specie in tempi di crisi nera come quelli attuali. Continuare a dissanguarci a causa di una guerra per cui non portiamo alcuna responsabilità? Anche no.

Lorenzo Quadri