Alloggiare rifugiati è un atto generoso, ma bisogna pensarci bene: i patti erano chiari
Ah ecco! I Verdi-anguria, che sono immigrazionisti, spalancatori di frontiere e multikulti (altro che pensare al “clima”) adesso pretendono che il Cantone finanzi i cittadini che hanno scelto di ospitare in casa propria dei profughi ucraini. Frena Ugo!
Il Cantone, da parte sua, ha precisato come stanno le cose: i profughi con permesso S riceveranno un contributo di 500 Fr al mese, ma niente è previsto per chi ospita. Ed è giusto così.
Chi ha deciso di accogliere dei profughi ucraini al proprio domicilio ha compiuto un gesto di grande generosità. L’ha compiuto liberamente, sapendo a cosa andava incontro: costi a proprio carico e convivenza di durata non prevedibile. La situazione era chiara fin dall’inizio. Non è stato l’ente pubblico a chiedere ai privati di farsi carico dell’ospitalità dei rifugiati, nel qual caso giustamente avrebbe dovuto mettere sul piatto una contropartita.
Responsabilità individuale
Chi ha scelto di ospitare profughi ucraini se ne deve però assumere la responsabilità. Che di aiuti pubblici non ne sarebbero arrivati, è stato detto subito. Quindi che nessuno si sogni di inventarli a posteriori con i soldi degli altri. Semmai, chi mette a disposizione un alloggio si potrà accordare con i suoi ospiti affinché gli versino una parte dei 500 Fr a testa che ricevono in virtù del permesso S.
Chi ospita deve pure essere in chiaro sul fatto che se in futuro, per un qualsiasi motivo, non sarà più disponibile ad alloggiare le persone che sta accogliendo, non potrà pretendere che l’ente pubblico gli risolva il problema. Di abitazioni alternative per tutti, lo Stato non ne ha. Condividere la propria casa per un lungo periodo con persone sconosciute, che non parlano la nostra lingua, è una scelta molto impegnativa, oltre che costosa (bocche da sfamare): prima di compiere un passo del genere, bisogna pensarci bene. Serve una forte motivazione. Chi agisce senza riflettere, poi ne sconta le conseguenze: se la situazione in casa diventa pesante, se il conto per la spesa si fa salato, non si potrà richiamare al noto detto popolare sull’ospite che è come il pesce (dopo il terzo giorno puzza) e pretendere una soluzione dallo Stato. Perché la soluzione, lo Stato non l’ha.
Chi ha messo a disposizione un appartamento di vacanza, scelta parimenti lodevole, deve pensare che quest’estate non potrà utilizzarlo. E, se ci saranno danni, non glieli rifonderà nessuno; di certo non il Cantone con i soldi del contribuente.
La responsabilità individuale esiste ancora.
Urge una regia pubblica
La conferma che il Cantone non verserà indennizzi agli ospitanti sarà anche un incentivo affinché l’accoglienza avvenga tramite i canali ufficiali, sotto la supervisione dell’ente pubblico. Perché l’attuale gestione incontrollata da parte di associazioni di ucraini residenti in Ticino è problematica. Ha già portato nel nostro Cantone, ed in particolare nel Mendrisiotto e nel Luganese, un numero eccessivo di rifugiati. Problemi e costi ricadranno sul groppone del contribuente ticinese.
Anche il fatto che l’ammontare dell’ “argent de poche” assegnato ai permessi S sarà di 500 Fr al mese e non di 1500 come si vociferava in precedenza, servirà – forse – a contenere fenomeni di “shopping dello stato sociale” e a diminuire l’attrattività del Ticino per rapporto all’Italia.
Abbiamo detto subito, facendo strillare la casta immigrazionista, che i profughi vanno alloggiati il più possibile vicino alla madre patria. Anche perché lì (data la differenza del costo della vita) con meno soldi si può fare molto di più a sostegno dei rifugiati. Lo stesso concetto è stato ripreso in un contributo pubblicato sull’ultimo numero della Neue Zürcher Zeitung: ma come, non erano tutte balle della Lega populista e razzista?
Chi sceglie?
Intanto già si sente dire dalle associazioni che seguono i profughi ucraini che molti di essi provengono da grandi città: pertanto desiderano risiedere in centri urbani ed in prossimità dei servizi. Non è così che funziona. Ci pare evidente che non è il rifugiato che sceglie dove vuole andare. E’ l’ente pubblico che lo colloca in base al principio di una distribuzione equa sul territorio e soprattutto tenendo conto che – piaccia o non piaccia – di spazio per tutti non ce n’è.
Verdi-anguria allo sbaraglio
Tanto per non farsi mancare niente, ecco che a Basilea Campagna una Consigliera comunale Verde-anguria di origini siriane col passaporto rosso ancora fresco di stampa, pretende che quest’anno, per non traumatizzare i profughi ucraini con i botti, si vietino i fuochi d’artificio del Primo d’agosto. “Avrei vergogna (sic!) se la giornata venisse festeggiata come al solito”, ha farneticato la politichetta “non patrizia”.
Qui qualcuno si è bevuto il cervello. Ecco cosa succede a mettere nelle istituzioni stranieri in arrivo da “altre culture” (islamiste) che se ne impipano della Svizzera e che considerano la nostra festa nazionale meno di zero. Se l’immigrata di turno “si vergogna” dei festeggiamenti del primo agosto, non ha che da fare ritorno al natìo paesello, ma in fretta! Ringraziamo i Verdi-anguria per promuovere simili personaggi. Ma avanti, continuate a votarli pensando che costoro si preoccupino dell’ambiente, mentre invece hanno ben altre mire!
Tagliare gli aiuti all’estero
E’ evidente che alloggiare centinaia di migliaia di profughi ucraini, perché di queste cifre si sta parlando, avrà conseguenze pesanti per il contribuente elvetico, che con le guerre di Putin non c’entra una fava.
La Danimarca, Stato membro UE, ha già annunciato che i soldi necessari ad ospitare profughi ucraini saranno tagliati dagli aiuti all’estero, perché ci sono delle priorità.
E noi? Non solo non seguiamo questa via, ma il “medico italiano” (cit. Corriere dalla Sera) del PLR, presidente di turno della Confederazione, continua ad andare in giro per il mondo a promettere sempre più aiuti dalla Svizzera: tanto paga Pantalone. Ma sa po’?