Uno sfacelo per le politiche immigrazioniste presunte “esemplari”

Terremoto elettorale in Svezia, dove la “destra” avanza e la premier di $ocialdemocratica  ha dato le dimissioni in diretta TV, all’annuncio dei risultati elettorali.

Il risultato delle urne è tutt’altro che sorprendente: la Svezia è uno degli esempi più plateali di fallimento delle politiche incentrate sul multikulti e sul “devono entrare tutti”. Esse infatti hanno portato alla creazione di ghetti infrequentabili; all’esplosione della criminalità straniera (prima delle elezioni sono diventati pubblici dati inquietanti sulla nazionalità degli autori di reati in Svezia); all’avanzata islamista; e chi più ne ha, più ne metta.

Una chicca: le femministe svedesi si erano battute per il topless nelle piscine pubbliche, ma hanno dovuto rinunciarvi perché poi le bagnanti che sfoggiavano questa tenuta venivano molestate ed aggredite dai giovani uomini africani che ciondolano tutto il giorno negli spazi pubblici, magari ubriachi.

Il fallimentare multikulti è stato accompagnato, come sempre accade, da una feroce censura $inistrata improntata al più becero politically correct: chi osa criticare i flop delle “aperture” viene infamato come razzista e fascista. Niente di nuovo sotto il sole. Sono situazioni che vediamo tutti i giorni anche da noi. Ma in Svezia sono amplificate.

Adesso la musica è destinata a cambiare. Curioso che alle nostre latitudini i kompagnuzzi – solitamente logorroici – non abbiano nulla da dire sullo sfacelo delle loro politiche nella nazione scandinava che additavano come esempio virtuoso. Chissà come mai? Mutismo selettivo?

Ovviamente guardiamo con interesse all’evolversi della situazione politica in Svezia. Ma teniamo gli occhi puntati anche sulla Danimarca e sul suo lodevole progetto di alloggiare i richiedenti l’asilo, nel mentre che si svolge la procedura, non già su territorio nazionale, bensì in appositi centri realizzati in Africa. Un modello che anche la Svizzera deve seguire. Anche se, ça va sans dire, il governicchio federale non ne vuole sapere!

Lorenzo Quadri