Politicanti e giudici della partitocrazia spalancano frontiere ed attenuano condanne
Come c’era da attendersi la partitocrazia, con i suoi politicanti ed i suoi legulei, trasforma la Svizzera nel paese del Bengodi per islamisti, in nome del garantismo ad oltranza. Ed infatti il Tribunale penale federale ha pensato bene di ridurre la pena a carico del cosiddetto “emiro di Winterthur”. Costui, che non è un emiro e non è nemmeno di Winterthur, essendo di origini italiane, è andato in Siria a combattere la Jihad (anche se pare abbia fatto ben poco); ma soprattutto ha radicalizzato dei giovani in Svizzera. Mentre a livello internazionale intratteneva contatti con alti papaveri dell’Isis e predicatori d’odio, ciò che ha fatto salire le sue quotazioni negli ambienti islamisti. Malgrado un curriculum siffatto, il Tribunale penale federale ha ridotto la condanna dell’ “emiro” da 55 a 36 mesi di carcere, di cui solo la metà da scontare (ed in buona parte già scontati). Ciò significa che il figuro in questione sarà presto a piede libero. Una prospettiva tutt’altro che rallegrante. Ma secondo i legulei, l’imputato si sarebbe “ravveduto”. E quindi adesso deve avere la possibilità di integrarsi, anche professionalmente. Ah, ecco. Poiché difficilmente si troverà qualcuno disposto a far lavorare il signore in oggetto – non sappiamo peraltro se abbia mai lavorato in vita sua – è facile prevedere come andrà a finire: mantenuto a vita! Così potrà passare tutto il suo tempo a radicalizzare nel caso, nemmeno tanto inverosimile, in cui dovesse “ravvedersi dal ravvedimento”. E perché l’ “emiro”non viene espulso, dal momento che ha origini italiane?
Il messaggio che passa è chiaro ed allarmante. Condanne all’acqua di rose, niente espulsioni, possibilità di mettersi a carico del contribuente vita natural durante. Per i radicalizzatori, la Svizzera è proprio il paese del Bengodi!
Madri jihandiste
Altra notizia recente dal fronte dell’estremismo islamico: le figlie di 15 e 9 anni di una combattente dell’Isis che ha lasciato la Svizzera nel 2016 per andare in Siria a combattere per lo Stato islamico sono state rimpatriate a Ginevra. Si tratta del primo caso di questo genere.
Le ragazze si trovavano assieme alla madre in un campo gestito da curdi. La madre, ma tu guarda i casi della vita, oltre ad avere il passaporto rosso ha pure quello francese e tunisino. Eccoli qua, i bei risultati delle naturalizzazioni facili!
I curdi vorrebbero che queste donne jihadiste venissero rimpatriate. La Svizzera ha finora detto njet: sono pericolose e non devono tornare nel nostro Paese. Finora. Visto l’andazzo, c’è da sospettare che questa linea non durerà a lungo. Altri paesi europei, inizialmente schierati sulle stesse posizioni, hanno cambiato idea e adesso fanno rientrare le madri con i figli. Vedi Germania, Belgio, Finlandia. Che la Svizzera non si sogni di calare le braghe! A queste jihadiste va tolto il passaporto rosso. Ed una qualche domandina bisogna poi porsela anche sui figli, specie se in età adolescenziale. Come si fa ad essere sicuri che non siano stati indottrinati? La legge antiterrorismo prevede delle misure applicabili a persone dai 12 anni in su. Ci sarà un motivo.
Inutile dire che dalle fila dei soliti $inistrati multikulti già si levano strilli che non si può (“sa po’ mia”!) separare le madri terroriste dalla prole. Bene, se non si può, allora vorrà dire che nel nostro paese non rientreranno né le une, né l’altra. Punto e a capo!
I “sospetti” della SEM
Ciliegina sulla torta, la vicenda dell’imam di Viganello a cui la SEM (Segreteria di Stato per la migrazione) aveva bloccato la naturalizzazione per presunti legami con l’estremismo islamico. Il tribunale amministrativo federale ha accolto il ricorso dell’imam e del suo legale (uno che ama mettersi in mostra alla RSI). La SEM dovrà di nuovo decidere sul passaporto rosso, circostanziando i sospetti espressi dai servizi segreti sull’imam tramite un’indagine più approfondita. Questo non vuole ancora dire che i “sospetti” siano venuti a cadere. Non si vede infatti perché i servizi segreti avrebbero dovuto accanirsi senza motivo contro qualcuno.
Da notare che chi scrive, nel dicembre 2019, aveva presentato un’interpellanza sul tema al governicchio federale, in particolare chiedendo di quali elementi disponesse per asserire la pericolosità dell’imam per la sicurezza della Svizzera. Il governicchio puntualmente aveva risposto di non poter fornire informazioni essendo la procedura in corso.
La morale è sempre la stessa: se qualcuno pensa di poter contrastare il diffondersi dell’islam radicale in Svizzera a suon di politikamente korretto, garantismo ad oltranza e buonismo-coglionismo, vuol dire che siamo proprio alla frutta.
Lorenzo Quadri