Il Triciclo pensa solo ai profughi ucraini e si dimentica dei ticinesi in difficoltà
I soldatini della casta immigrazionista – politicanti, intellettualini, giornalai,… – hanno da qualche tempo un nuovo mantra: non si starebbe facendo abbastanza per i profughi ucraini. E ti pareva!
Poiché essere solidali con chi si trova la guerra in casa è un conto, mentre essere fessi è qualcosa di diverso, ci piacerebbe sapere quanto stanno costando all’ente pubblico, quindi al contribuente, i profughi ucraini. Sull’arco di un anno la cifra è sicuramente miliardaria, considerando che ci si attende l’arrivo di 350mila rifugiati, ovvero l’equivalente della popolazione del Canton Ticino.
I soldi necessari all’accoglienza non crescono sugli alberi. Vanno recuperati da qualche parte. Dunque, ci pare ovvio che l’esempio da seguire è quello della Danimarca, la quale ha dichiarato che li taglierà sul budget degli aiuti all’estero, poiché “ci sono delle priorità”.
Fare di più?
Ne abbiamo pertanto piene le scuffie di sentir dire dai soliti immigrazionisti, oltre che da politicanti stranieri, che la Svizzera dovrebbe “fare di più”.
La Confederella ha già fatto molto di più di quello che un paese neutrale sarebbe tenuto – e legittimato – a fare. Il conto non tarderà ad arrivare. E’ ora che la Svizzera cominci a preoccuparsi di difendere i propri interessi e le proprie prerogative di indipendenza e di neutralità. Altro che correre servilmente dietro a chi continua a pretendere sacrifici, che poi ricompensa con pesci in faccia. Leggi fallita UE (che vuole trasformarci in una sua colonia) e leggi USA, demolitori pro-saccoccia del nostro segreto bancario.
La ripresa automatica delle sanzioni europee contro la Russia arrecherà alla Svizzera danni economici enormi. Secondo il “medico italiano” (cit. Corriere della Sera) i cittadini sarebbero “pronti a pagarne il prezzo”. E chi gliel’ha detto? Il Mago Otelma?
Quando vuole…
Sta di fatto che, quando il governicchio federale vuole, i soldi (degli altri) li trova. Quando si tratta di aiutare, anche giustamente, chi scappa da una guerra, i fondi saltano fuori. Aiutare rientra nella tradizione umanitaria elvetica. Però, come non ci stancheremo di ripetere, asilo vuol dire protezione e non immigrazione. Quindi non bisogna creare incentivi per una permanenza stabile in Svizzera dei profughi ucraini.
Poco ma sicuro che i soldi del contribuente si troveranno anche quando si tratterà di partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina. Gli eurobalivi verranno a battere cassa da noi. E i loro camerieri bernesi si affretteranno ad eseguire gli ordini.
Mai gli svizzeri
Ai permessi S si pagano i corsi di lingua (a cosa servono, visto che i rifugiati dovrebbero rientrare al proprio paese non appena possibile?). Gli si dà anche la possibilità di lavorare. Gli ambienti economici che tagliano fuori i lavoratori svizzeri hanno accolto con un favore più che sospetto questa opportunità, lanciandosi in lodi sperticate all’ottima formazione di cui disporrebbero gli ucraini. A noi risulta che le migliori università si trovino in Svizzera e non in Ucraina (la quale, già prima dell’invasione russa, era ben lungi dall’essere il paradiso in Terra). Però quelli ottimamente formati non sono mai gli svizzeri.
Due pesi e due misure
Per le esigenze altrui i miliardi saltano fuori dalla sera alla mattina. Per quelle dei cittadini svizzeri, invece…
Secondo la politichetta federale i problemi da risolvere sono sempre quelli degli altri. Bramoso di accontentare gli eurofalliti, il governicchio federale ha rottamato uno dei principi fondanti della Svizzera moderna, ovvero la neutralità. Ha preso delle sanzioni contro i cosiddetti oligarchi russi impipandosene delle basi legali mancanti. Il commento della $inistra, sempre pronta a cavillare su ogni cip, è stato: “le basi legali si metteranno a posto”.Ohibò. Eppure, quando si tratta di prendere misure assai più modeste per rispondere alle necessità degli svizzeri – ad esempio limitare la devastante libera circolazione delle persone – ecco che parte il disco rotto dei “sa po’ mia”. All’improvviso le basi legali devono essere inoppugnabili, granitiche; altrimenti non si muove paglia. Due pesi e due misure!
Stop permessi G
Soprattutto in questo sfigatissimo Cantone, i politicanti farebbero bene a ricordarsi che prima delle esigenze dei profughi ucraini ci sono quelle dei cittadini ticinesi. Già tagliati fuori dal mercato del lavoro a seguito della devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia, adesso rischiano di dover subire anche la concorrenza ucraina. Se i politicanti vogliono far lavorare gli ucraini, allora fanno il piacere di bloccare il rilascio di nuovi permessi B e G. Perché è ora di finirla di creare spazi per tutti gli stranieri, col risultato di escludere chi qui ci è nato e ci vive.
Ai profughi ucraini si pagano i corsi di italiano; ai disoccupati ticinesi invece vengono negati i corsi di lingue straniere necessari per avere delle chance d’assunzione in più. Dov’è la logica?
Le priorità
Mentre si spendono miliardi per la guerra in Ucraina e per i profughi, i cittadini elvetici nel 2023 si smazzeranno un’epocale stangata sui premi di cassa malati: la più pesante degli ultimi vent’anni, ci è già stato annunciato. Però di aiuti extra non ne arriveranno.
Il prezzo della benzina e del gasolio è schizzato e schizzerà alle stelle: e nümm a pagum. Italia e Francia hanno da settimane rinunciato ad una parte delle accise sul carburante per sostenere il potere d’acquisto popolazione. Il nostro governicchio federale, al contrario, manco si sogna. Anzi: la kompagna Simonetta vorrebbe inventarsi ulteriori balzelli in nome dell’isterismo climatico. E i tassaioli Verdi-anguria esultano perché la benzina è diventata cara come il fuoco. I cittadini tirano la cinghia e questi politichetti festeggiano!
La partitocrazia dovrebbe finalmente ricordarsi che i primi problemi che un paese deve risolvere sono quelli dei suoi abitanti. Con l’attuale motto autolesionista del “prima gli altri” arriva il momento in cui la gente scende in piazza con i forconi.
Lorenzo Quadri