E’ facile prevedere chi uscirebbe perdente da una guerra transfrontaliera delle multe

Ecco tornare la polemichetta transfrontaliera sulle auto con targhe ticinesi  – targhe ticinesi NON significa per forza conducente ticinese – parcheggiate in modo scorretto in quel di  Como.

Questa volta a fare notizia (quando si dice gli “sgub”) è un SUV targato Ticino che lo scorso sabato sera sarebbe stato rimosso dal carro attrezzi (anche se il proprietario nega la rimozione) in quanto posteggiato in sosta vietata.

Il neo sindaco Rapinese si è bullato dell’eroica impresa sui media locali (poi ripresi da quelli ticinesi). Se questi siano i problemi prioritari della loro città, lo lasciamo valutare agli elettori comaschi.

Aizzare l’odio contro i ticinesi?

Pare che il neo-sindaco di Como abbia fatto dei posteggi irregolari di vetture con targhe rossoblù un tema di campagna elettorale.

Fomentare l’odio contro i ticinesi non è una scelta politica molto accorta quando un numero elevato di tuoi concittadini/elettori fa il frontaliere e quindi ha la pagnotta sul tavolo solo grazie al Ticino. E quando, sempre grazie al Ticino, incassi fior di ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri: un travaso di milioni del tutto ingiustificato e che andrebbe azzerato all’istante. E questo indipendentemente dai carri attrezzi “dedicati”.

Un sindaco di Como potrebbe magari anche ricordarsi che, se per caso agli svizzerotti venisse in mente di reintrodurre i controlli sistematici ai valichi di confine – un passo che sarebbe doveroso -, poi si ritrova le code dei pendolari fino in centro città.

Iniziativa-boomerang

E’ bene ribadire che un conto è la targa del veicolo, tutt’altra cosa il passaporto del conducente. In Ticino gli stranieri sono quasi il 30% della popolazione residente. Percentuale a cui va aggiunta una quota imprecisata, ma assai elevata, di beneficiari di naturalizzazioni facili.

Per quanto ne sappiamo, dunque, il titolare del SUV posteggiato in sosta vietata a Como potrebbe anche essere italiano, o comunque non svizzero.

Al di là di questo, se i politicanti d’Oltreramina vogliono lanciare, magari pensando di guadagnarci in visibilità mediatica, una guerricciola anti-svizzera sulle violazioni del codice della strada (che ovviamente va rispettato), sono liberi di farlo. Tuttavia l’iniziativa rischia di tramutarsi in un pacchiano autogoal. Il motivo è semplice. In Ticino entrano ogni giorno 75mila frontalieri (numero in continuo aumento). La maggior parte di loro arriva in auto, uno per macchina: modalità che peraltro, in nome della “decarbonizzazione” tanto cara ai $inistrati ro$$overdi (ma spalancatori di frontiere), andrebbe vietata.

Il flusso di veicoli ticinesi in direzione del Belpaese, per contro, è nettamente inferiore.

Non serve dunque un premio Nobel per intuire chi uscirebbe perdente da una guerra transfrontaliera delle multe.

Un’ideuzza

Quindi, se a Como il rispetto pedissequo del codice della strada da parte di vetture targate TI è ritenuto una priorità politica assoluta – scelta legittima, per carità –  lo stesso deve allora valere al di qua della ramina nei confronti dei veicoli italici.

Di conseguenza si potrebbero piazzare ogni giorno, e non solo di tanto in tanto, dei radar in posizioni strategiche nei pressi dei valichi, onde immortalare e multare tutti i frontalieri o padroncini dal piedino pesante.

Visto che a quanto pare a Como le infrazioni vengono sanzionate a geometria variabile a seconda della targa del contravventore, ovviamente possiamo fare la stessa cosa in Ticino e non inviare le multe agli “indigeni” che dovessero incappare nei nuovi radar di confine.

Da notare che i permessi G, grazie al franco forte, hanno ottenuto di fatto un aumento in busta paga. In più beneficiano, buon per loro, degli sconti sulla benzina che a noi la partitocrazia nega. Sicché possono anche lasciare qualche soldino sul nostro territorio, dato che parecchi di loro si portano la “schiscetta” da casa per non spendere qui nemmeno un franco.

Per contro, i ticinesi che varcano la ramina di solito hanno l’intenzione di fare acquisti e quindi di generare indotto sul territorio lombardo.

La sfida

Il sindaco di Como ha poi sfidato il titolare del SUV con targa ticinese all’origine del casus belli “a fare la stessa cosa a Lugano”. Ossignùr. A Lugano di auto con targhe del Belpaese parcheggiate “alla cavolo” se ne trovano a iosa. Ieri ad esempio abbiamo ricevuto da un lettore l’immagine sotto. Il titolare della vettura non doveva far fronte ad un’emergenza: era andato tranquillamente al bar.

Lorenzo Quadri