Referendum finanziario obbligatorio: dal GC un primo passo nella giusta direzione
L’ex partitone, per l’ennesima volta a manina con i tassaioli del P$, vuole invece andare avanti ad oltranza con lo “spendi e tassa”
A maggioranza (stretta) il Gran Consiglio ha accolto settimana scorsa il principio del referendum finanziario obbligatorio (RFO). Un istituto che già esiste in 18 Cantoni; quindi non si tratta di un salto nel buio. Cosa prevede? Che, per le spese cantonali che superano un determinato “tot”, i cittadini siano chiamati automaticamente a votare. Senza necessità che qualcuno raccolga le firme.
L’iniziativa popolare per l’introduzione del RFO venne lanciata nel 2017.
Promotore era Sergio Morisoli, accompagnato da un comitato interpartitico, in cui la Lega era ampiamente rappresentata.
L’iniziativa, sostenuta anche dal Mattino, raccolse oltre 12’300 firme valide.
Tre opzioni
I cittadini saranno quindi chiamati a votare sul RFO. E potranno scegliere tra:
– la versione dell’iniziativa (obbligo di votazione popolare per le nuove spese uniche sopra i 20 milioni e per le nuove spese annuali che superano i 5 milioni per almeno quattro anni);
– il controprogetto approvato dalla maggioranza del Gran Consiglio, che aumenta le soglie minime per la votazione a 30, rispettivamente 6 milioni e prevede che si andrà a votare solo se lo deciderà un terzo dei presenti in parlamento (“referendum obbligatorio light”: il che non suona molto bene, vedi la ciofeca “preferenza indigena light”, ma tant’è); e
– lo statu quo.
Più potere al popolo
Il Mattino e la Lega sostengono il Referendum finanziario obbligatorio, poiché esso serve a conferire più potere ai cittadini ed a mantenere la spesa pubblica sotto controllo. Ciò che adesso non è il caso. Come ha ricordato in aula l’iniziativista Morisoli, il Piano finanziario del Cantone prevede che da qui al 2024 il debito pubblico ticinese passerà dagli attuali 2 a 3 miliardi di Fr.
Questo avviene perché spesso e volentieri la partitocrazia si abbandona al tassa e spendi. Anzi, addirittura allo spendi e tassa. Ovvero: prima i politicanti spendono soldi (degli altri); poi pretendono di andare a prenderli nelle tasche dei contribuenti aumentando imposte, tasse, balzelli, moltiplicatori e ladrocini assortiti.
L’andazzo
Non è una decisione cantonale e non è un caso in cui il RFO sarebbe applicabile, ma è comunque ben indicativo della mentalità ormai sdoganata dalla casta. Pensiamo a quanto accade con il lockdown eterno decretato dal ministro $ocialista kompagno Alain Berset. Il governicchio federale manda in fallimento interi settori economici (in modo del tutto arbitrario e perché ha vergognosamente TOPPATO la campagna di vaccinazione). E poi immagina di metterci un qualche cerotto spendendo miliardi di franchi dei contribuenti! Contribuenti le cui tasche sono considerate un self service a disposizione della partitocrazia.
Bene: col RFO spendere i soldi degli altri diventa, per i politicanti, un po’ meno immediato. Perché gli “altri” in questione devono prima dare il proprio accordo.
La fanfaluca
Non volere il referendum finanziario obbligatorio significa, semplicemente, non volere il controllo sulla spesa cantonale. Ed è inutile che i contrari vengano a raccontarci la consueta fanfaluca che chi non è d’accordo con l’una o l’altra spesa allegra già oggi può raccogliere le firme.
Come i soldi pubblici, neppure le firme crescono sugli alberi. Al contrario: raccoglierle diventa un compito sempre più difficile. La realtà è che lo strumento del referendum non è affatto alla portata di tutti, ma solo di chi può permettersi di pagare i raccoglitori di firme; oppure dei sindacati che mandano i propri funzionari ad estorcere sottoscrizioni ai passanti in orario di lavoro, pagati con le quote degli affiliati. Il Ticino, malgrado le recenti agevolazioni, rimane uno dei Cantoni in cui è più difficile fare ricorso ai diritti popolari: il numero di sottoscrizioni richiesto è chiaramente maggiore, mentre il tempo a disposizione per raccoglierle è minore rispetto alla media nazionale.
PLR a manina con il P$
La dimostrazione che il No al RFO equivale al Sì allo “spendi e tassa”? Basta guardare chi del referendum finanziario obbligatorio non vuole nemmeno sentire parlare. Ovvero il P$ assieme a praticamente tutto il PLR e ad una parte degli uregiatti.
Il PLR si conferma per l’ennesima volta un partito delle tasse, dedito alla mungitura dei cittadini. Del resto basti pensare che, in tempo di crisi nera, con migliaia di cittadini ridotti sul lastrico dal lockdown, il DFE targato ex partitone taglia le deduzioni fiscali per le spese di trasporto e per i pranzi fuori casa; cosa che in altri Cantoni non accade. Un’iniziativa meschina, che si commenta da sé. Pur di fare cassetta si vessano i lavoratori ticinesi! E cominciare a risparmiare sulle prestazioni agli stranieri in assistenza?
Ancora più difficile?
Ciliegina sulla torta: il PLR, in tandem con i tassaioli $ocialisti, si oppone al RFO dicendo che chi vuole contestare una spesa pubblica ha già la possibilità di raccogliere le firme tramite il referendum facoltativo. Come visto sopra, non solo raccogliere le firme è impresa ardua, ma c’è chi vorrebbe renderla ancora più difficile aumentando il numero delle sottoscrizioni necessarie alla riuscita di iniziative e referendum. Chi se ne è uscito con questa “cagata pazzesca” (cit. Fantozzi)? Risposta: il cosiddetto “Think Tank” (uella) Avenir Suisse; che è una succursale del PLR!
Hai capito l’ex partitone? Il controllo dei cittadini sulla spesa pubblica non lo vuole proprio, ed i diritti popolari li schifa!
Lorenzo Quadri