L’occupazione in Ticino rischia di andare definitivamente a ramengo. Ma il triciclo dorme

Il governicchio federale ha finalmente abrogato l’obbligo di telelavoro, però molta gente è ancora in home office. Ma soprattutto – ed è questo l’aspetto più preoccupante – tante aziende al telelavoro ci hanno preso gusto, e non si sognano di tornare alla situazione precedente. Tra queste ci sono pure ex regie federali, come Swisscom.

La narrazione, ovviamente, è quella della richiesta dal basso: i collaboratori sarebbero contenti e beati di lavorare da casa. E la produttività non ne risente.

Davvero una figata?

Quanto i lavoratori siano felici di rimanere per tutto il santo giorno “chiusi in casa come sorci” (cit. Burioni), magari sempre nella stessa stanza e senza vedere nessuno, è ancora da verificare.

Un conto è la possibilità, per chi lo desidera, di trascorrere a casa una percentuale modesta del proprio tempo di lavoro, un 10% o al massimo un 20%. Ben altra cosa è l’home office permanente.

Si aprono praterie

Senza lo stramaledetto virus cinese, nessuno si sarebbe mai sognato di introdurre il telelavoro, se non a dosi omeopatiche. Difficilmente le aziende avrebbero puntato su una simile modalità, sospettata di generare cazzeggio (“diminuzione della produttività”). Le misure chiusuriste decise dai politicanti triciclatihanno imposto un’inaspettata prova generale. Se l’obbligo di  telelavoro sia davvero servito a contenere i contagi non si sa (i record di infezioni si sono registrati malgrado tale obbligo). Si è però potuto appurare che il rischio di cazzeggio non è reale, o comunque è inferiore a quel che si temeva. E adesso per le grandi aziende del Terziario si aprono praterie. Tant’è che alcune banche hanno già inserito il telelavoro nei nuovi contratti.

Chi ci guadagna

I vantaggi per i datori di lavoro sono duplici.

1) Si risparmia sugli affitti degli uffici (nonché sul mobilio, sulla pulizia, sui costi energetici, eccetera). La spesa per gli spazi di lavoro viene caricata (ovviamente senza indennizzo) sul groppone dei dipendenti. Ognuno deve munirsi del proprio home office, pagarselo e gestirselo. Ed infatti il lavoro da casa ha già innescato la richiesta di appartamenti più grandi.
2) Ma soprattutto, e questo è l’aspetto più pericoloso, telelavoro uguale delocalizzazioni: non c’è bisogno di assumere ticinesi residenti in Ticino per farli lavorare da casa. Si possono benissimo assumere italiani che vivono nelBelpaese, e ovviamente pagarli a stipendi italici. O rumeni residenti in Romania.

Frontalieri occulti

Grazie alla devastante libera circolazione delle persone, il numero di frontalieri presenti nel nostro Cantone continua ad aumentare – specialmente nel Terziario – ed ormai siamo a quota 75mila. Equesto malgrado gli impieghi diminuiscano. Siamo giunti al punto che perfino la fascia italiana di confine comincia a lamentarsene: il mercato del lavoro locale perde troppe risorse. In Ticino il settore finanziario è stato falcidiato dalle calate di braghe della partitocrazia federale sul segreto bancario. E visto che tutto questo ancora non bastava a demolire le opportunità lavorative per i ticinesi, ecco che si promuove pure il telelavoro: esso creerà una moltitudine di “frontalieri occulti”, i quali non avranno nemmeno più bisogno di varcare la ramina per lavorare! Lo faranno da casa propria!

Poi ci si chiede…

Avanti con la devastazione del mercato del lavoro di questo sfigatissimo Cantone! Poi ci si chiede come mai i giovani ticinesi emigrano! E la stampa di regime (quella che sogna di mungere ulteriori sussidi statali), nel vano tentativo di imboscare le responsabilità della partitocrazia a cui è legata a doppio filo, si inventa le fregnacce più grottesche! Ad esempio che i giovani emigrerebbero perché in Ticino la kultura alternativa non sarebbe valorizzata (?) adeguatamente.

Ma ci siete o ci fate? Altro che kultura alternativa, i giovani se ne vanno per la pagnotta! E se sempre più giovani devono cercare la pagnotta altrove, la colpa è del triciclo spalancatore di frontiere, che adesso sdogana pure il telelavoro!

Centri città desertificati

Senza contare che, come scritto a più riprese, il telelavoro svuota i centri cittadini, danneggiando proprio quell’economia locale (negozi, ristorazione, eccetera) già messa nella palta dai lockdown!

Avanti con la desertificazione dei centri! Desertificazione che,tanto per non farsi mancare niente, viene pure promossa con piani viari fallimentari concepiti contro le automobili: vedi il PVP aLugano. Stesso discorso, sempre a Lugano, per il PD (che è il piano direttore; non il Partito democratico italiano, anche se l’ideologia è la stessa e la nazionalità degli autori pure) il quale vuole il centro città senza macchine. Il che significa renderlo anche senza persone.

Politicanti e pennivendoli, sveglia! Altro che correr dietro alle fanfaluche di grandi aziende preoccupate solo dei propri profitti, e non certo dell’occupazione sul territorio, che raccontano risibili storielle sui collaboratori felicissimi di lavorare da casa, nel mentre che conteggiano i risparmi sugli affitti e presto – grazie alle nuove possibilità di delocalizzazione – anche sugli stipendi!

Lorenzo Quadri