La performance del sindacalista UNIA ex candidato PD alle elezioni europee

Ma guarda un po’: i kompagni del sindacato rosso UNIA invitano i frontalieri alla ribellione contro le proposte di aggravi fiscali a loro carico. Ad ulteriore dimostrazione di chi rappresenta UNIA nella guerra tra poveri provocata dagli spalancatori di frontiere (sindacati compresi) che ha messo in concorrenza diretta residenti e frontalieri. Con la necessità di fare una scelta di campo. Una scelta che il sindacato rosso non può fare: del resto, quando una bella fettona di iscritti – che pagano le loro brave quote…- è costituita da frontalieri…

Proposta indigesta

Sicché tale sindacalista UNIA Sergio Aureli, già candidato (trombato) alle ultime elezioni europee per il PD (Uella!, direbbe qualcuno) ha organizzato una serata a Porlezza per aizzare i frontalieri. Obiettivo fallito. La serata è andata per lo più deserta. Ma il Corrierone del Ticino, sull’edizione di ieri, ha pensato bene (?) di farne un lungo rendiconto.

Naturalmente al kompagno Aureli risulta particolarmente indigesta la proposta del sottoscritto di aumentare le imposte dei frontalieri, tassandoli in base alle aliquote italiane.

I mal di pancia di Aureli sono comprensibili. Meno i suoi tentativi di spalare palta sul postulato del sottoscritto, che come noto è stato accolto dal Consiglio nazionale a larga maggioranza, con anche il voto dei deputati PSS.

Non è la panacea, ma…

Nessuno ha mai detto che la proposta che ho presentato nel 2012 fosse il toccasana contro il dumping salariale. Darà però il suo contributo, visto che comporta un aumento fiscale. Un aggravio che, ovviamente, sarà più moderato per chi guadagna poco e più elevato per chi guadagna di più. Il sindacalista già candidato alle europee dovrebbe sapere che non tutti i frontalieri guadagnano salari da fame. Soprattutto nel terziario (banche, fiduciarie) ce ne sono di quelli che staccano paghe interessanti, seppur inferiori a quelle che chiederebbe un residente. E questo è uno dei settori in cui si verifica la sostituzione. Lo stesso Aureli calcola ad esempio che su uno stipendio di 5000 Fr al mese l’aggravio fiscale sarebbe di 600 euro mensili.

Per i cittadini italiani, lavorare in Svizzera resterà interessante anche dovendo pagare più imposte: questo è evidente a tutti, anche solo in considerazione della catastrofica situazione occupazionale italiana: nella provincia di Varese, quindi non proprio a Caltanissetta, quasi un giovane su due non ha lavoro.

60 milioni in più

La mia proposta di tassare i frontalieri secondo aliquote italiane non risolverebbe tutti i problemi provocati al mercato del lavoro ticinese dall’invasione di frontalieri. Sarebbe troppo facile. Permetterebbe però di risolvere in modo definitivo la questione dei ristorni. Che non ci sarebbero più. E quindi l’erario ticinese incasserebbe oltre 60 milioni di franchetti all’anno “extra”, da usare per promuovere l’occupazione dei residenti; e scusate se sono pochi.

Inoltre avrebbe effetti positivi in campo di dumping salariale: poiché se si pagano più tasse bisogna anche guadagnare di più. Si tratta di un effetto forse secondario, ma non per questo disprezzabile.

Il piede in due scarpe

Come detto più volte, la vera soluzione del problema del frontalierato sta nell’impedire l’assunzione di frontalieri al posto dei residenti. Per questo bisogna applicare il voto del 9 febbraio. Un voto che il sindacato UNIA ha combattuto e denigrato a tutto andare. Danneggiando quindi i lavoratori “indigeni”. E’ inevitabile: non si può pretendere di difendere contemporaneamente i lavoratori ticinesi e quelli frontalieri che, a seguito della devastante libera circolazione delle persone voluta anche dai sindacati, portano via il lavoro ai “nostri”. Il piede in due scarpe non funziona più. Bisogna scegliere da che parte stare. O di qua, o di là.

Lorenzo Quadri