Gli ambienti delle grande economia – quelli che con le piccole e medie imprese e con gli artigiani da spartire hanno assai poco per non dire nulla – fanno di tutto e di più per sabotare il “maledetto voto” del 9 febbraio. Un voto la cui applicazione, per il Ticino, è in cima alla lista delle priorità. L’ultimo campanello d’allarme è suonato la scorsa settimana, quando il numero dei frontalieri ha infranto l’ennesimo record, raggiungendo quota 62’555. E’ forse il caso di ricordare che nel 2000, quindi non nell’alto medioevo, i frontalieri erano 26mila. In 15 anni sono assai più che raddoppiati; ma i posti di lavoro in questo ridente Cantone non hanno certo seguito la medesima evoluzione.

Mantra senza fondamento
Gli ambienti della grande economia, pappagallati dai partiti $torici e naturalmente dal Consiglio federale, continuano a suonare la manfrina dei “bilaterali indispensabili per la Svizzera”. L’obiettivo è fin troppo chiaro: fare il lavaggio del cervello ai cittadini in vista di fantomatiche future votazioni. Peccato che la storiella dei bilaterali indispensabili sia, come dicono i legulei, “destituita di fondamento”. Si tratta di un semplice mantra, non supportato da nulla di concreto. A dirlo non è il Mattino populista e razzista. E’ il quotidiano economico romando l’Agefi, testata certamente autorevole (al contrario di Bilanz che è invece una rivista di gossip; solo gli scribacchini dell’ex partitone potevano credere che fosse motivo di vanto figurare in cima a classifiche che premiano gli spalancatori di frontiere e penalizzano chi crea migliaia di posti di lavoro).

Si esportava anche prima
In un interessante articolo di recente pubblicazione, il giornale romando evidenzia come nessuno tra quanti ripetono il mantra dei “bilaterali indispensabili, senza si ritorna al terzo mondo” sia mai riuscito a dimostrare con i fatti un tale assunto. Nessuno è peraltro mai riuscire a dimostrare nemmeno la starnazzata imprescindibilità dei bilaterali per l’industria svizzera di esportazione. Si esportava benissimo anche prima. Men che meno tali accordi sono indispensabili per disporre di manodopera qualificata che in Svizzera non si troverebbe (ma come, non avevamo le migliori scuole del mondo? O forse, a furia di permetterne la colonizzazione ad opera di docenti stranieri, perché “bisogna aprirsi”, anche l’insegnamento superiore è scaduto nella mediocrità uniforme?). La manodopera di cui c’è bisogno è sempre arrivata anche senza libera circolazione delle persone. Quest’ultima, e il caso dei frontalieri è evidente, fa semmai arrivare quella di cui non c’è affatto bisogno. E che, quindi, soppianta gli svizzeri.

Anni Novanta
Chiaramente in manco di argomenti, la combriccola del mantra dei “bilaterali indispensabili” tenta maldestramente di sostenere che prima dei bilaterali in Svizzera si stava peggio perché negli anni Novanta l’economia elvetica era “meno performante”.
Che l’economia rossocrociata negli anni Novanta non fosse al top della forma, sarà anche vero. Ma non certo per la mancanza di accordi privilegiati con l’UE che, con la situazione di allora, c’entrano come i cavoli a merenda.
Soprattutto, è ora di finirla con la fetecchiata che senza libera circolazione non ci possono essere accordi commerciali interessanti tra Svizzera ed UE. L’Unione europea ne ha sottoscritti a iosa: con gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, il Giappone, Israele, e via elencando. A nessuno di questi paesi è però stata chiesta in cambio la libera circolazione delle persone. Ohibò, la si pretende solo dagli svizzerotti? Ma stiamo scherzando? Il motivo dell’arrogante pretesa è uno solo: voglia di fagocitare e colonizzare la Svizzera. Perché un paese che non controlla più la sua immigrazione è un paese finito.

Principi fondanti
Che nessuno venga poi a raccontarci la fregnaccia della libera circolazione principio fondante dell’UE. E allora? Noi non siamo membri UE, chiaro il messaggio? Per cui, dei sui principi fondanti, non ce ne frega una cippa. Noi pensiamo ai nostri, di principi fondanti. Che sono sovranità e democrazia popolare. Quindi i voti popolari si applicano senza tante storie. Compreso quello del 9 febbraio. Anche se non piace alle élite politikamente korrette. E a chi della libera circolazione delle persone senza limiti approfitta a danno dei lavoratori residenti.

Valvola di sfogo?
Il mercato del lavoro svizzero interessa ai paesi confinanti come valvola di sfogo per la propria situazione occupazionale disastrata. In Lombardia si ammette apertamente che la motivazione è questa. Gli accordi commerciali si possono fare benissimo, nell’interesse reciproco, anche senza libera circolazione delle persone illimitata. Quest’ultima è funzionale solo all’assalto alla diligenza svizzera da parte dell’UE. Ed è, ovviamente, funzionale a quegli ambienti economici che vogliono massimizzare i già lauti profitti assumendo stranieri a basso costo e lasciando a casa gli svizzeri, sguazzando in un quadro legislativo deleterio che permette ed anzi incoraggia simili porcate. I bilaterali sono un “porcellum” (per prendere in prestito un termine alla politica della vicina Penisola) voluto da tutti i partiti $torici. E voluto anche, e questo è proprio il colmo, dai sindacati; anche se adesso c’è chi tenta goffamente di smarcarsi per farsi campagna elettorale.
Ma per furbetti, spalancatori di frontiere e Stati confinanti alla canna del gas, la ricreazione è finita il 9 febbraio 2014. A fare da “valvola di sfogo”, ovviamente a nostro danno, non ci stiamo più.
Lorenzo Quadri