Se la Svizzera è il paese della politica dei piccoli passi, un piccolo passo nella direzione giusta è stato fatto lunedì della scorsa settimana quando il Consiglio nazionale ha approvato a maggioranza l’iniziativa parlamentare del presidente nazionale Udc Toni Brunner, il quale chiedeva che agli svizzeri con doppio passaporto che partono per la jihad venisse tolta automaticamente la naturalizzazione.
La maggioranza della commissione delle istituzioni riteneva la richiesta “superflua”, perché la legge attuale già permette di revocare la cittadinanza a una persona la cui condotta è contraria agli interessi o alla buona reputazione del Paese. Una norma che si applica in genere solo in casi di terrorismo.

“Non problema”?
Quando i politikamente korretti vogliono affossare una proposta contraria alla politica delle frontiere spalancate e alle naturalizzazioni facili, o strillano al populismo e al razzismo oppure, visto che questa modalità comincia un po’ a stufare e – soprattutto – a fare cilecca, provano con l’argomento della proposta inutile, quindi del “non problema” perché le regole ci sarebbero già e quindi non servono delle modifiche particolari. Non c’è “Handlungsbedarf”, come dicono oltregottardo. Il burqa è un “non problema”. La naturalizzazione di persone in assistenza è un “non problema”. L’espulsione di delinquenti stranieri è un “non problema”, eccetera. Stessa musica per il ritiro del passaporto rosso ai jihadisti che sono stati naturalizzati. Ma qui le note stonate arrivano subito: ma come, le naturalizzazioni facili di persone non integrate non erano tutta una balla populista e razzista? Il punto, come ben si è visto, è che tra l’essere possibile ed il venire fatto c’è una bella differenza. Ed infatti, a sostegno della tesi che levare il passaporto ai jihadisti naturalizzati che ne hanno due “si può già fare e quindi la proposta è inutile” è stato indicato che una volta è successo. Un solo caso! Decisamente un po’ poco. Bisogna dunque mettere una regola nero su bianco, che valga sempre. Se ci si limita ad avere una possibilità di fare, questa possibilità poi in nome del multikulti non viene utilizzata.

Regole chiare
Occorre essere chiari: il naturalizzato che parte a fare la jihad non deve più poter rientrare in Svizzera. Dovrebbe essere un’ovvietà. Eppure, per chi è contrario al ritiro automatico del passaporto in questi casi, evidentemente non lo è. Costoro dunque sostengono che una persona naturalizzata che è andata a fare la jihad deve poter rientrare in Svizzera, a meno che la Confederazione ed il Cantone di cui ha la cittadinanza decidano il contrario. Con poi tutte le vie ricorsuali del caso. Si converrà che la differenza non è certo di poco conto. E’ evidente che la presenza di terroristi naturalizzati non è accettabile per il nostro Paese. E’ un rischio grave per la pubblica sicurezza. Di conseguenza, non ci possono essere compromessi.

La direzione è quella
Vari Paesi si stanno muovendo nella direzione indicata dall’iniziativa. Vedi Francia, Gran Bretagna, Olanda e pure l’Australia. Tutti populisti e razzisti? Oppure questa è l’evoluzione internazionale? Ma guarda un po’: quando si tratta di spalancare le frontiere gli standard internazionali diventano un must irrinunciabile. Se invece l’aria che tira è diversa…

La decisione della maggioranza del Consiglio nazionale a favore del ritiro, automatico e senza compromessi, del passaporto svizzero ai jihadisti con doppia nazionalità è dunque un passo nella giusta direzione. Tra gli avversari c’è chi ha argomentato che si crea una disparità di trattamento nei confronti di chi ha commesso altri reati gravi (assassinio, stupro, eccetera). Appunto. L’argomento può anche starci, ma la soluzione è semplice. Si ritira il passaporto anche ai naturalizzati con doppia cittadinanza che commettono questo tipo di crimini. Il ritiro del passaporto non deve più essere un tabù.
Lorenzo Quadri