Vergogna! I  balivi se ne impipano del Ticino ma poi pretendono di calare lezioni

Ah beh, questa ci mancava! La Commissione della concorrenza (Comco) sostiene che il Ticino è troppo protezionista. Nel caso concreto, il nostro Cantone non rispetterebbe la legge sul mercato interno poiché metterebbe troppi ostacoli agli operatori in arrivo dal resto della Svizzera.

Certo che questi balivi della Comco sono uno spettacolo. Siamo invasi da padroncini e ditte estere che effettuano lavori a prezzo di dumping. Però il Ticino sarebbe indecentemente protezionista. Ovvero ostacolerebbe in modo abusivo artigiani ed imprese da fuori cantone (e quindi anche quelle estere) che vogliono lavorare sul territorio ticinese.

Mai si vedrebbero cifre del genere

Se davvero il Ticino fosse troppo protezionista, allora spieghi la Comco come mai i 2016 i lavoratori notificati (ovvero padroncini e distaccati) sono stati 26’516, contro i 25’576 dell’anno precedente. Nel 2006 erano 8’785 (sic!).

Le giornate di lavoro svolte dai notificati sono state 708’670 nel 2016, contro le 665’184 del 2015 e le 289’741 del 2006.  E intanto nel Belpaese, alla faccia della reciprocità e delle aperture, fanno  in modo che le aziende ticinesi non battano chiodo.

In un mercato protezionista mai si vedrebbero cifre del genere. L’invasione da sud dimostra quindi, nel caso ce ne fosse bisogno, che il Ticino è semmai troppo poco protezionista.

Porsi qualche domanda

Ai burocrati bernesi della Comco con i piedi al caldo ed il lauto stipendio statale garantito a vita e senza troppo sforzo non piacciono albi ed albetti professionali? Invece di starnazzare al deprecabile protezionismo (perché l’élite spalancatrice di frontiere pretende che ci si “apra”), si chiedano come mai si è creata questa situazione. Non certo per sport, visto che gestire albi è lavoro e burocrazia in più. Se le misure  presunte protezioniste ci sono è perché, per colpa della devastante libera circolazione delle persone e della fallimentare politica delle frontiere spalancate, il Ticino si trova esposto ad una concorrenza sleale d’oltreconfine che è assolutamente insostenibile. Padroncini, distaccati e ditte varie che lavorano in nero, che praticano il caporalato, che importano alle nostre latitudini modalità operative (chiamiamole così) che prima non si erano mai viste, imperversano in Ticino. Per colpa dell’invasione di padroncini, che peggiora di rilevamento in rilevamento, tanti artigiani e piccole imprese ticinesi fanno la fame.

E il ruolo della Confederazione, in questa situazione, è vergognoso. Berna è del tutto assente. La kompagna Simonetta “dobbiamo aiutare l’Italia” Sommaruga riempie il Ticino di centri per finti rifugiati, ma se si tratta di difendere il Cantone dalla concorrenza sleale d’Oltreramina, non c’è. Evaporata.

Chi è inadempiente non si lamenti

I camerieri bernesi dell’UE hanno spalancato le frontiere e hanno lasciato il Ticino completamente allo sbaraglio. Non solo. Ogni volta che il Ticino, per non andare del tutto in malora, mette in campo qualche iniziativa di autotutela, dai balivi bernesi arrivano le bacchettate (uhhh, che pagüüüüraaa!). Questi non si schierano mai dalla parte dei ticinesi. Sono sempre dalla parte degli italici che protestano perché vogliono avere libero ed incondizionato accesso alla loro riserva di caccia. Cari $ignori della Comco, se non vi vanno bene  i  “protezionismi” ticinesi perché colpiscono anche gli artigiani d’Oltregottardo, prendetele voi le misure “giuste” per difendere il Ticino dall’invasione da sud. Non fate nulla? Allora non venite a lamentarvi.

Le bestialità della Comco

E’ chiaro che delle bacchettate della Comco bisogna semplicemente impiparsene. Le iniziative – alcune più riuscite, altre meno – a tutela del mercato ticinese sono infatti il frutto, la logica conseguenza, della scandalosa inerzia di chi è competente per la politica estera, ossia la Confederazione. Quest’ultima dunque, avendo torto marcio, può solo tacere. Idem le sue grottesche succursali come la Commissione della concorrenza. La quale ha pure il coraggio di uscirsene con una bestialità di questo tenore: “Anche se un contratto collettivo avesse carattere obbligatorio generale in Ticino, ma non nel cantone d’origine (dell’azienda), l’obbligo del rispetto di tale CCL rappresenterebbe una restrizione del libero accesso al mercato”. Ma questi burocrati si sono bevuti il cervello. In sostanza le regole ticinesi varrebbero solo per i ticinesi mentre  tutti gli altri potrebbero allegramente venire in Ticino, violarle ed operare a prezzi dumping.

Arrangiarsi da soli

E’ quindi evidente che il Ticino, completamente abbandonato da una Berna in perpetua genuflessione davanti agli eurofalliti, può solo arrangiarsi da solo e diventare sempre più protezionista. Non è un capriccio. E’ un’esigenza di sopravvivenza.

E, a proposito di mercato interno: com’è che il Consiglio federale viene sempre bacchettato perché si dimentica regolarmente di pubblicare i concorsi in italiano? E poi i suoi tirapiedi hanno ancora il coraggio di arrivare in Ticino, tronfi come tacchini, a calare lezioni? Qui qualcuno non ha capito da che parte sorge il sole.

Lorenzo Quadri