I vicini a sud “scoprono” di essere i beneficiari della libera circolazione a senso unico

Come volevasi dimostrare, prosegue la telenovela sull’apertura delle frontiere con il Belpaese. I vicini a sud hanno deciso unilateralmente di aprire i propri confini il prossimo 3 giugno. Malgrado la situazione sanitaria in Lombardia sia tutt’altro che sotto controllo. E alla faccia di quello che succede nello spazio Schengen, dove si parla di riaperture graduali a partire da metà giugno, a seconda di come si evolverà la situazione.

L’obiettivo italico è chiaro: attirare un po’ di turisti a vantaggio della propria economia. Già messa male prima dello stramaledetto virus cinese, la vicina Repubblica non ha più ormai nemmeno gli occhi per piangere.

No alle calate di braghe

Che l’Italia si faccia gli affari propri è comprensibile. Del resto, ogni paese deve essere libero di decidere quando aprire e quando chiudere i propri confini.  Ma che i vicini a sud tentino di imporre a noi le loro decisioni, non ci sta bene proprio per niente. Ed invece accade esattamente questo. Perché il Belpaese pretende che anche noi apriamo i confini con l’Italia. Ma col fischio!

Che gli spostamenti di persone – quindi la devastante libera circolazione delle persone – siano veicoli di contagio, è ormai chiaro anche ai paracarri. Contrariamente alle fregnacce del kompagno Berset, il virus al confine si ferma eccome: basta fermare le persone portatrici.

I paesi che hanno chiuso per tempo le frontiere possono vantare un numero basso di contagi e decessi. Il Ticino invece si è IMPESTATO per colpa delle frontiere spalancate sulla Lombardia, che la partitocrazia eurolecchina ed i camerieri di Bruxelles in Consiglio federale non hanno voluto chiudere per tempo. Risultato: in questo sfigatissimo Cantone abbiamo un numero di morti per 100mila abitanti che è tra i più alti al MONDO.

In Lombardia butta male

In Lombardia, inoltre, la situazione sul fronte del virus cinese è ben lontana dall’essere risolta. Le riaperture risalgono solo alla scorsa settimana. In una metropoli come Milano la gente è molto più ammucchiata che da noi. Mantenere la distanza sociale diventa difficile. Ammesso e non concesso che ci sia la volontà di mantenerla. Un’impennata dei contagi è purtroppo verosimile. Ed è quindi ovvio che, se si spalancano le frontiere, noi torniamo ad impestarci.

Ridurre i frontalieri

Il fatto che i frontalieri possano entrare liberamente in questo sfigatissimo Cantone – ringraziamo il ministro degli esteri PLR (ex) doppiopassaporto KrankenCassis che si è bullato di aver chiesto al suo collega e connazionale Giggino di Maio di farli passare – non è per nulla un buon motivo per fare entrare tutti. Occorre al contrario ridurre il flusso di frontalieri. In particolare in vista della probabile ripartenza dei contagi in Lombardia a seguito della “fase 2” italiana.

Meno lavoro nero

Al momento in Ticino le attività economiche, in un modo o nell’altro, sono ripartite quasi tutte. Però i transiti in dogana sono inferiori al solito. Entrano circa 36mila veicoli; prima del virus la media dei passaggi era circa del doppio.

Infatti i frontalieri entrano sì, e mica solo per lavorare; per contro, non entrano tutti i padroncini ed altri lavoratori IN NERO che quotidianamente varcavano il confine senza alcun permesso,  facendo concorrenza sleale ad artigiani e piccole imprese ticinesi. E non si tratta di due gatti, bensì di svariate MIGLIAIA di persone al giorno. Già questo di per sé sarebbe un buon motivo per tenere le frontiere chiuse ad oltranza. In attesa, ovviamente, di far SALTARE la devastante libera circolazione delle persone il 27 settembre, votando sì all’iniziativa “Per la limitazione”.

Gli scemi del villaggio?

“Ovviamente” non potevano mancare gli europarlamentari italici che pretendono dalla Confederella la riapertura dei confini con l’Italia poiché essa sarebbe “necessaria all’economia”… italiana! Questi politicanti non solo vogliono il ripristino integrale del frontalierato, ma invocano pure il pendolarismo della spesa. Che tolla!

Adesso, all’improvviso, i vicini a sud si accorgono che, della devastante libera circolazione tra Svizzera ed Italia, approfitta solo l’Italia. E dunque vogliono ripristinarla integralmente.

Sicché, noi dovremmo riaprire le frontiere e tornare ad IMPESTARCI per le necessità dell’economia italiana? Per avvantaggiare i commerci italiani a scapito di quelli ticinesi? Forse che i commerci locali non sentono la crisi? Ma questi politicanti italici pensano davvero che siamo gli scemi del villaggio!

Sulla spesa

A proposito della spesa in Italia. Ci sono sicuramente dei ticinesi che fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e quindi per loro risparmiare (anche) sui generi alimentari è una necessità. Ovviamente per queste situazioni bisogna avere comprensione. Tuttavia tanti “pendolari della spesa” non sono per nulla indigenti. E la prova l’abbiamo avuta proprio in questi mesi di frontiere cosiddette “chiuse”.

Infatti hanno lavorato di più anche quei negozi di alimentari i cui prezzi sono tutt’altro che popolari.

Quindi, tanti di quelli che vanno a fare la spesa in Italia sono persone che possono permettersi di comprare in negozi “d’alta gamma” e pure di farsi portare gli acquisti a casa. Altro che necessità di risparmio. E per costoro di comprensione ne abbiamo zero!

Tutti devono pazientare

Quando alle coppiette transfrontaliere che non si possono frequentare, ricordiamo semplicemente che, in questo periodo, di congiunti che non si possono frequentare ce ne sono parecchi. Senza bisogno che ci sia una dogana in mezzo. Le case anziani sono blindate da mesi, tanto per dirne una. Quindi anche le coppiette porteranno pazienza. Del resto, che la frontiera c’era lo sapevano. L’errore è stato semmai non tenerne conto ed immaginare che sarebbe rimasta sempre spalancata, qualsiasi cosa accadesse.

Lorenzo Quadri