Dopo la decisione del TF di riconoscere una rendita AI anche a chi fa uso di droghe

Ennesima perla dei legulei del Tribunale federale (dove le cadreghe vengono distribuite dalla partitocrazia in base al principio del mercato del bestiame): come sappiamo, in agosto il TF ha stabilito che la tossicodipendenza dà diritto alle prestazioni dell’AI (Assicurazione contro l’invalidità). Geniale! Aspettiamo di conoscere quali saranno le conseguenze di questa brillante decisione sulle casse dell’AI, ma anche su quelle delle prestazioni complementari (PC). I burocrati dell’Ufas, Ufficio federale delle assicurazioni sociali, si sono affrettati a dichiarare di non aspettarsi sostanziali aumenti della spesa. Per poi ammettere però di non avere idea di quante possano essere le persone toccate. E allora, come fanno a dire che non si aspettano aumenti sostanziali della spesa? La realtà è che non ne sanno un tubo! Ed il Mago Otelma prevede che invece gli “aumenti sostanziali” ci saranno eccome!

E gli invalidi “veri”?

Saranno sicuramente entusiaste le persone che sono invalide davvero, magari anche per incidenti sul lavoro, e che devono aspettare anni per una decisione su un’eventuale rendita AI, o che addirittura hanno ricevuto decisioni negative, di sapere che adesso la mammella dell’assicurazione contro l’invalidità potranno andare a mungerla anche i tossicodipendenti. Dunque, chi è davvero invalido ma non vede riconosciuto il suo diritto, deve forse cominciare a drogarsi?

C’è anche un’altra cosetta da considerare. Chi riceve l’AI più la prestazione complementare, incassa assai di più di chi riceve solo l’assistenza. Risultato: il tossicodipendente di turno potrebbe trovarsi messo finanziariamente meglio rispetto al lavoratore lasciato a casa che non ha più trovato un altro impiego per colpa dell’invasione da sud voluta dal triciclo PLR-PPD-P$$ (Verdi-anguria inclusi), e dunque è finito in assistenza. Anche in questo caso: cosa devono fare i disoccupati di lunga durata? Cominciare a drogarsi?

Terza questione: ci sono anziani che, dopo aver lavorato tutta la vita, devono arrangiarsi con la sola AVS, perché non hanno un secondo pilastro (o magari ce l’hanno, ma misero) e non ricevono la prestazione complementare in quanto proprietari di una casetta. Questi anziani – ai quali la partitocrazia ticinese ha NEGATO la tredicesima AVS per non darla vinta all’odiata Lega – dopo decenni di lavoro, e di contributi pagati, ricevono dallo Stato meno dei tossicodipendenti con AI e complementare. Che magari non hanno mai lavorato. Questo grazie all’ultima genialata dei legulei del TF. Se poi pensiamo che gli anziani beneficiari della sola AVS ottengono meno anche rispetto ai finti rifugiati con lo smartphone…

Quarto punto: mettere la tossicodipendenza tra le cause di AI significa considerarla praticamente incurabile. Dov’è allora lo stimolo ad uscirne? Non c’è più! Di fatto si incoraggiano i tossicodipendenti a rimanere tali. A considerarsi come delle persone affette, non per colpa loro, da una malattia incurabile, o come vittime di incidenti. La deresponsabilizzazione è evidente. Ammalarsi o avere un infortunio invalidante è una sfiga. Drogarsi è una scelta.

Quinto punto: il mondo delle tossicodipendenze si evolve. Aumentano le dipendenze senza sostanza. Ad esempio quelle da gioco d’azzardo, o da videogioco, o da internet. Di conseguenza, il prossimo passo sarà quello di accordare rendite AI anche a chi è dipendente dalla visione di filmati porno online?

Gli abusi

E già che siamo in tema di Assicurazione contro l’invalidità, vale la pena ricordare che, secondo gli ultimi dati, il 40% delle nuove rendite è dovuto a “motivi psichici”. Che spesso non sono verificabili. C’è dunque il vago sospetto che gli abusi in quest’ambito abbondino. Magari ad opera di furbetti in arrivo da “altre culture” che se la  ridono a bocca larga degli svizzerotti fessi? Se poi questi furbetti d’importazione sono pure islamisti dediti alla radicalizzazione…

Aspettiamo dati aggiornati a proposito degli abusi nell’AI, suddivisi per nazionalità degli autori. Poi ci sarà da ridere. O piuttosto, da piangere.

Lorenzo Quadri