Caos asilo: solo gli svizzerotti ubbidiscono imperterriti ai Diktat di Bruxelles

E’ iniziato formalmente nei giorni scorsi il divorzio della Gran Bretagna dalla  (dis)unione europea. Divorzio che sancirà la rottamazione dell’UE. Infatti dimostrerà che fuori dal carrozzone si sta meglio che dentro.

A far perdere ulteriori pezzi agli eurofalliti ci pensa  anche il caos asilo. I paesi del blocco Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia) hanno ribadito il proprio njet ai piani di ricollocamento UE dei migranti – e alle sanzioni per chi, a quei piani, non aderisce.

Nulla accade

In particolare l’Ungheria prosegue per la propria strada e, dopo il filo spinato, mette in detenzione preventiva i clandestini che arrivano sul suo territorio. Naturalmente gli spalancatori di frontiere protestano indignati a Bruxelles ma, altrettanto naturalmente, a Budapest non succede niente. Perché gli ungheresi non sono mica come gli svizzerotti calatori compulsivi di braghe. Insomma gli eurofunzionarietti sbraitano a vuoto. Solo a Berna i camerieri dell’UE rimangono convinti – e tentano di far credere al popolo becero – che ogni cip da Bruxelles sia gravido di chissà quali apocalittiche conseguenze. Ed invece…

La rivolta austriaca

La novità è che adesso pure l’Austria si chiama fuori dai piani di ricollocamento dei finti rifugiati in arrivo da Italia e Grecia. Dopo aver fissato dei tetti massimi di asilanti, dopo aver potenziato alla grande la sorveglianza sul confine con il Belpaese, dopo aver – sempre nei giorni scorsi – annunciato un nuovo giro di vite ai controlli sui treni, con anche la creazione di un nuovo binario apposito al Brennersee, Vienna compie dunque un nuovo passo verso il campo dei “membri riottosi” dell’UE. Quelli che non si chinano ai diktat di accoglienza buonista-coglionista imposti da Bruxelles.

Dunque le fila degli “Stati canaglia” di ingrossano. La Svizzera rimane invece lo “Stato coniglio” per eccellenza. Infatti la ministra del “devono entrare tutti”, kompagna Simonetta Sommaruga, ci fa aderire, senza che esista alcun obbligo, ai piani di ricollocamento UE.

Fateci capire: chi è (sarebbe) tenuto come Stato membro ad aderire si rifiuta, e non succede niente. Noi invece potremmo starcene tranquillamente fuori, in perfetta legalità. Però non solo la ministra del “devono entrare tutti” ci “tira dentro”, ma nei giorni scorsi ad un incontro con i ministri dell’interno dell’UE (?) ha pure ribadito ad oltranza la partecipazione elvetica ai piani di ridistribuzione di finti rifugiati. Formulando precisi impegni per il futuro. “La Svizzera manterrà le promesse fatte”, ripete ad oltranza la ministra del partito delle frontiere spalancate.

Avete capito?

Chiaro il messaggio, svizzerotti “chiusi e gretti”? Sempre più paesi UE – ultima in ordine di tempo proprio l’Austria – rifiutano i Diktat degli eurofunzionarietti sulla presa a carico dei migranti economici. La Svizzera invece, “grazie” alla compagna Simonetta, corre spontaneamente e servilmente ad aderire. “Certo padroni UE, subito padroni UE, gli svizzeri daranno l’esempio, padroni UE. Costruiremo sempre più centri d’accoglienza per finti rifugiati con lo smartphone per farvi contenti in questi tempi bui per voi così avari di soddisfazioni, padroni UE”.
E se i cittadini elvetici non fossero d’accordo? Chissenefrega, tanto a Berna mica comandano i cittadini; comandano i camerieri di Bruxelles.

La contropartita

E non è ancora finita. E’ interessante notare una particolarità: l’UE ha minacciato di tagliare i fondi comunitari agli Stati membri che rifiutano i programmi di ricollocamento di migranti economici. Non ti attieni alle regole? Niente fondi. Dare per ricevere, come si suol dire. Il ragionamento ha una logica evidente.

Peccato che poi la stessa UE pretenda dalla Svizzera il pagamento di un ulteriore miliardo di coesione, ma senza contropartita. Ed i due consiglieri federali liblab, Didier Burkhaltèèèr e “Leider” Ammann, sarebbero pronti a calare le braghe e a versarlo senza un cip! Non ancora contenta, l’UE pretende pure che la Svizzera firmi l’osceno accordo quadro istituzionale, che segnerà la fine della nostra sovranità e dei nostri diritti popolari. Naturalmente senza contropartita. La Svizzera, per usare le parole di Sommaruga, “dà l’esempio” aderendo a titolo puramente volontario ai programmi di ricollocamento dei finti rifugiati; e Bruxelles, per tutto ringraziamento, torna a sventolare lo spauracchio di liste nere e grigie di presunti paradisi fiscali.

La domanda è sempre la stessa: quando ci decideremo a mandare “affanbrodo” questi eurobalivi che ormai raccolgono pernacchie da tutti, tranne che dagli svizzerotti – è proprio il caso di dirlo – fessi?

Lorenzo Quadri