Il 14 giugno voteremo sul canone radiotelevisivo obbligatorio per tutti. Che non sarebbe più un canone, bensì un’imposta: infatti verrebbe riscosso senza causa. Alla cassa sarebbe chiamato anche chi non vuole o non può fare a capo alle prestazioni che paga a caro prezzo. Questo è, semplicemente, un sopruso. Un sopruso nei confronti di chi non può – o per impedimenti fisici, come problemi di vista o di udito, o per impedimenti tecnici – fruire delle prestazioni che sarebbe costretto a pagare. Ed un sopruso nei confronti di chi, legittimamente, non vuole possedere apparecchi di ricezione.
Giustificazioni?
Per questo sopruso non ci sono giustificazioni.
Non è vero che “si pagherà meno”. Come detto il canone obbligatorio è, di fatto, un’imposta. Ogni nuova imposta è destinata ad aumentare. Soprattutto questa. L’ammontare del canone obbligatorio verrebbe stabilito, in modo del tutto unilaterale, dal Consiglio federale, d’accordo con la SSR. Si crea una nuova imposta e si lascia facoltà al beneficiario di aumentarla secondo il suo buon piacere! Esempio più flagrante di “tassa e spendi” si fatica a trovarlo. Ricordiamoci che, nell’ultimo quarto di secolo, il canone è cresciuto del 65%. Il trend sarà questo anche in futuro.
Non è vero che trasformare il canone radioTV in un’imposta è un passo indispensabile per “salvare” la RSI. Proprio come adesso, anche con il canone obbligatorio la RSI continuerebbe ad essere nel mirino di chi, Oltregottardo, ritiene che essa riceva troppo per rapporto al suo bacino d’utenza. Sotto questo aspetto non cambierebbe assolutamente nulla.
Non è vero che in caso di “No” alla nuova imposta ci sarebbero tagli a questo o a quello. Il 14 giugno non si vota sull’ammontare delle risorse a disposizione della SSR. Si vota solo sulla modalità di prelevamento. Minacciare tagli in caso di No è, semplicemente, un ricatto di bassa tacca. Come tale, va respinto al mittente per direttissima. I cittadini svizzeri non si faranno ricattare.
Non è vero che il “servizio pubblico” impone che paghi anche chi non consuma. Se l’informazione, la promozione della cultura, e via elencando, sono servizio pubblico – cosa su cui si potrebbe disquisire a lungo – allora non lo fanno solo la radio e la TV, ma anche la carta stampata. Che però non riceve un copeco dallo Stato.
Non è vero che la nuova imposta è “equa”. Costringere a pagare per un servizio, tutt’altro che indispensabile, anche chi non vuole o non può usufruirne, è la negazione dell’equità. Ed è forse equo che il nuovo canone lo pagherebbero i ciechi, i sordi, chi non possiede un apparecchio di ricezione e chi vive dove non si riceve un bel niente, ma non i dipendenti SSR, compresi i dirigenti da mezzo milione all’anno (più di un consigliere federale!), dato che per loro continuerebbe a provvedere l’azienda con i nostri soldi?
Non è vero che il canone obbligatorio è la conseguenza dell’evoluzione tecnologica “perché tutti hanno un telefonino o un tablet o un computer”. A parte che è falso, non si acquista un telefonino per vedere, male, la televisione. La finalità di questi apparecchi è ben altra. Chi vuole guardare la TV compra un televisore.
Vero è, invece, che, con ricatti e bugie, gli inventori della nuova imposta vogliono farci cadere in una trappola fiscale da cui non potremo più uscire. Per questo il prossimo 14 giugno dobbiamo votare No alla modifica della LRTV.
Lorenzo Quadri