Come c’era da aspettarsi, le Camere federali hanno approvato a maggioranza i famigerati accordi fiscali con Gran Bretagna, Germania e Austria, hanno però respinto la legge d’applicazione che serve a metterli in pratica. Il che è certamente una situazione bizzarra. Quindi passano gli accordi ma non la legge per applicare questi accordi… boh. Non è propriamente una situazione chiara, né usuale. Ne esce tuttavia un segnale di sfiducia della politica rispetto ad accordi con tassi di liberatoria superiori al 40%, quindi confiscatori e tali da spingere i titolari non certo alla regolarizzazione in Svizzera, bensì alla fuga.

E’ poi chiaro che simili accordi non sono in nessun caso applicabili all’Italia: sarebbe il colmo se ad uno Stato in bancarotta si facessero concessioni del genere, che peraltro avrebbero conseguenze deleterie per la stessa Italia dal momento che il risultato sarebbe, semplicemente, che i capitali andrebbero a finire in qualche piazza asiatica dove nessuno si sogna di sottoscrivere accordi Rubik né di fare l’esattore fiscale per Stati bancarottieri che non sono in grado di farlo in proprio. Inoltre, non si vede  per quale motivo i cittadini italiani che hanno conti non dichiarati in Svizzera dovrebbero fidarsi del governo italiano non eletto, il quale si è accanito a più riprese sui capitali già scudati, mandando in frantumi qualsiasi possibile rapporto di minima fiducia che poteva ancora esistere tra Stato (autorità fiscale) e cittadino.

Intanto è significativo l’atteggiamento dei soliti kompagni con i piedi al caldo che, non contenti di sostenere lo scambio automatico di informazioni, volevano che venisse offerto (!) un accordo Rubik, ovviamente alle stesse condizioni di Germania, Gran Bretagna ed Austria, anche ai paesi in via di sviluppo. Capita l’antifona? Non solo bisogna calare le braghe davanti a Stati falliti come l’Italia, ma perfino davanti al Terzo Mondo. Chi lavora sulla piazza finanziaria (mica solo i manager; anche i dipendenti nelle mansioni più umili) prenda nota.

Gli accordi fiscali sono referendabili: evidentemente la Lega ci sarà. L’ASNI, Associazione per una Svizzera neutrale ed indipendente, ha già annunciato il ricorso ai diritti popolari.

Al proposito, il presidente centrale ASNI, Pirmin Schwander, Consigliere nazionale Udc, ci ha dichiarato che la decisione sul lancio del referendum “verrà presa immediatamente dopo le votazioni finali, previste venerdì 15 giugno, così da poter se del caso partire con la raccolta di firme, senza perdere tempo, non appena gli accordi verranno pubblicati sul foglio ufficiale, presumibilmente nell’ultima settimana di giugno”. Sul lancio del referendum, Schwander è ottimista: “Il referendum è necessario: gli accordi approvati dalle Camere federali sono contrari all’interesse del popolo svizzero”.

Per la riuscita del referendum occorre raccogliere 50mila firme in 100 giorni.