In un periodo in cui il “razzismo” e il moralismo a senso unico vengono impiegati come mezzo di censura nei confronti di chi osa mettere in dubbio la politica della società multikulturale, delle frontiere spalancate, e dello sfascio dell’identità svizzera e di tutto quello che la contraddistingue, la sentenza del Tribunale federale che stabilisce che dire «basta Islam» non è razzismo, è sicuramente benvenuta.
Bisogna precisare una cosa: l’articolo 261 bis, quello sulla discriminazione razziale, ha un campo d’applicazione più restrittivo di quello che auspicherebbero i moralizzatori a senso unico. I quali se ne sono sempre serviti come di un mezzo di censura per colpire l’avversario politico. Razzismo si ha solo nel caso in cui un’affermazione intenda denigrare un’intera etnia, facendola apparire come inferiore.
D’altra parte anche un’altra cosa va detta: che la $inistra è riuscita ad imporre la sua morale interessata anche alla destra. La destra si fa dettare dalla $inistra cosa è moralmente sostenibile e cosa no. Un errore strategico capitale, oltre che un segno di debolezza. Tanto più che la $inistra non ha proprio alcun argomento atto a giustificare una propria autocertificata superiorità morale. Al contrario, non passa giorno senza che quest’area, ed i suoi addentellati, non dimostri che la propria morale è a senso unico, ed esiste solo in funzione di guerriglia partitica.
Ma quale “superiorità morale”?
Il Tribunale federale ha stabilito che dire che “occorre porre fine all’estensione dell’Islam in Svizzera” non è un’affermazione razzista. In effetti, non si esprime alcun giudizio di valore sull’Islam o sui musulmani. Non li si accusa di essere peggio di altri. Si sottolinea, semplicemente, la differenza che intercorre tra la società occidentale, i suoi principi ed i suoi valori, e quelli dei paesi islamici. E’ evidente che si tratta di due mondi diversi, la cui conciliabilità è dubbia. «Sottolineare una differenza tra due individui o gruppi non è razzismo» ha stabilito il TF. E ci sarebbe mancato altro.
L’aspetto preoccupante, dunque, è che per stabilire una simile ovvietà ci voglia una sentenza della più alta istanza giudiziaria svizzera. Questa è la dimostrazione più lampante di come l’accusa di “razzismo” venga strumentalizzata dalle solite aree per fini squallidamente partitici. Si è così creato un vero e proprio clima da caccia alle streghe. Né ci si può illudere che la sentenza del Tribunale federale possa servire a far riflettere qualcuno. Ce ne vorranno molte, e molte ce ne saranno, prima di arginare l’abuso che la $inistra tenta di fare dell’articolo 261 bis del codice penale per i propri interessi di bottega.
L’importante è, nel frattempo, non cadere nella trappola di chi vuole criminalizzare e censurare in base ad una morale a doppio binario che persegue unicamente fini partitici. La $inistra non ha nessuna autorità per imporre ad altri cosa è moralmente giusto e cosa no.
Lorenzo Quadri
Lega dei Ticinesi