I negozianti di Locarno hanno lanciato l’appello: hanno chiesto di poter, almeno nella stagione estiva, aprire i battenti la domenica, e in settimana fino alle 22.30. Come c’era da aspettarsi, la petizione è stata respinta.
La diatriba sugli orari di apertura dei negozi si infittisce in Svizzera e in Ticino, dove sul tema si discute da ormai un ventennio. Fino agli ultimi sviluppi noti, che mettono a rischio l’apertura domenicale del Foxtown. Una patata bollente che, tra l’altro, il DFE ha anche tentato di scaricare sulla Deputazione ticinese alle Camere federali.
Se in Ticino come nel resto della Svizzera la situazione rimane caotica, appena oltreconfine hanno , invece, idee sono ben chiare. Infatti si costruiscono grandi centri commerciali aperti sette giorni su sette con l’intento dichiarato di attirare la clientela ticinese. Non solo approfittando del “frontalierato della spesa” (che starebbe alla coscienza del singolo evitare) legato all’euro e al differenziale dei prezzi, ma anche puntando, e lo si dice apertamente, sugli orari d’apertura decisamente più estesi.
Il lavoro domenicale, purché adeguatamente retribuito e purché il tempo libero possa venire recuperato, non è più un tabù in molti settori. Si lavora di domenica negli ospedali, nelle cliniche, nelle case anziani, si lavora di domenica in polizia, si lavora di domenica nel trasporto pubblico, si lavora di domenica nell’informazione, si lavora di domenica nella ristorazione e nell’albergheria, si lavora di domenica nelle carceri, si lavora di domenica negli impianti sportivi, si lavora di domenica nel settore degli spettacoli, dei congressi, dei musei, solo per citare gli esempi più ovvi. Il numero delle persone che lavorano la domenica aumenta. Lo fanno tutti controvoglia? Si sentono tutti dei forzati o delle vittime? Sicuramente no. Il lavoro domenicale permette di creare dei posti di lavoro. Molte donne madri di famiglia arrotondano – o potendo arrotonderebbero – volentieri con delle ore domenicali.
Uno dei conclamati punti deboli del turismo nel nostro Cantone è la schematicità degli orari d’apertura dei negozi.
Tra euro, brutto tempo e collegamenti ferroviari interrotti, il turismo ticinese – che ormai si trova in concorrenza diretta con le mete più rinomate raggiungibili con voli low cost – non si può permettere di andare avanti per forza d’inerzia. Perché non consentire a quei commercianti che vogliono lavorare la domenica di farlo? La richiesta locarnese di deroghe speciali estive pro-turismo non era certo un’eresia. Che orari d’apertura dei negozi più adatti ai ritmi del turista (anche del visitatore di giornata, in gita “fuori porta”) e meno simili a quelli di uno sportello bancario gioverebbero al settore turistico, che non è proprio il più irrilevante del Cantone, è fuori di dubbio. Oltretutto si tratta di una deroga limitata ad un preciso periodo dell’anno. Perché non pensare ad una serie di aperture straordinarie finalizzate al turismo, vincolate al rispetto dei diritti dei lavoratori e all’impiego di residenti?
Fa specie sentire i $indakati ro$$i, noti per l’intransigenza delle loro posizioni, tirare in ballo a giustificazione del categorico njet al lavoro domenicale anche la Messa, quando torna comodo, ed inneggiare alla sacralità della domenica, chiosando con magniloquenza che il divieto di lavoro domenicale sarebbe una questione “di civiltà”. E quelli che già adesso lavorano la domenica (compresi i preti, tra l’altro), cosa sono, tutti incivili?
Lorenzo Quadri