Il turismo, croce e delizia di questo Cantone, ultimamente più croce che delizia, è uno degli argomenti di discussione preferiti, fornendo a schiere di tuttologi lo spunto per dire la loro, magari autoproclamandosi “esperti”.
Da tempo è in corso una nuova revisione della Legge cantonale sul turismo. All’orizzonte si prospettano progetti misteriosi e sigle che ricordano modelli di telefonino (TMC, TTH, SST, DMO,…).
La procedura ufficiale di consultazione non è ancora avviata. Tuttavia quel che trapela dai vari gruppi di lavoro non pare esattamente rassicurante.
A titolo “preventivo” (come disse quell’ex presidente USA) vale la pena evidenziare alcuni aspetti.
Riforme in senso centralistico, volte ad attribuire ancora più risorse e competenze a Ticino turismo, non sono accettabili. Il prodotto turistico è strettamente collegato al territorio. Una definizione poco elegante dal punto linguistico, ma illustrativa è la seguente: “il prodotto turistico è composto da una serie di elementi disposti ed organizzati, in una determinata area, che hanno lo scopo di soddisfare il turista”. Emerge quindi in modo chiaro la competenza dell’ente di prossimità. Ovvero Comuni ed Enti regionali. Essi conoscono il territorio con le sue specificità. Devono quindi avere le competenze e le risorse per creare il prodotto turistico, ed anche promuoverlo e propagandarlo. I diversi aspetti non possono essere scissi, come invece avviene ora.
In Ticino esistono alcune destinazioni che costituiscono un marchio turistico forte e di valenza nazionale ed internazionale. Questi punti di forza – per quanto possa sembrare banale dirlo – vanno valorizzati. Per farlo sono però necessari dei margini di manovra reali e non di facciata. Ad esempio: Lugano è un marchio turistico, Locarno è un marchio turistico, Ascona idem. Il Ticino di per sé, invece, non lo è. Ognuna delle destinazioni “forti” sopra citate ha delle sue peculiarità ed un suo pubblico. Le differenti vocazioni dei comprensori non possono essere semplicemente ignorate con accorpamenti contronatura (ad esempio: mettere assieme Lugano e Locarno, come qualcuno progetta di fare). Men che meno possono essere diluite in castranti sovrastrutture cantonali. Le quali dovrebbero semmai limitarsi a compiti di coordinamento e di osservatorio.
Invece, ancora una volta si rischia di incappare nel deplorevole vizio del livellamento verso il basso. Vizio peraltro visibile anche in materia di politica comunale. I poli forti, quelli che hanno (avrebbero) le competenze e le risorse per emergere, vengono frenati “per non creare disparità”. Perché tutti devono essere “portati sullo stesso piano”. Ma chi l’ha detto?
Una simile politica comporta la perdita delle “locomotive” e la caduta nella mediocrità. Con danno per tutti. Josep Acebillo, in una conferenza di un paio di anni fa, disse: «non può esistere un Cantone forte senza un polo forte».
Che il turismo non se la passi nel migliore dei modi è manifesto. Del resto si tratta di un fenomeno generalizzato. A Lugano, per rilanciare il settore, è stata messa in campo un’importante riorganizzazione: da un lato la nascita del Dicastero Turismo della Città, dall’altro la fusione tra Lugano Turismo e l’Ente turistico del Malcantone. Questa riorganizzazione, la collaborazione tra Dicastero ed Ente e – elemento molto importante – di entrambi con gli attori economici presenti sul territorio, si è rapidamente tradotta in progetti concreti: dal potenziamento delle manifestazioni all’azione “Lugano Cambia” attualmente in “tournée” nella Svizzera tedesca. Non è che l’inizio. Le autonomie locali, là dove funzionano e sono forti, vanno valorizzate. E’ quindi evidente che un’esautorazione, sotto qualsiasi forma, a vantaggio di fumogene strutture di valenza cantonale, non entra nemmeno in linea di conto. Né si è disposti ad entrare nel merito di ulteriori logiche (s)perequative miranti a sottrarre risorse a chi non solo le produce, ma è anche in grado di farle rendere: ciò che non necessariamente è il caso dell’ente turistico cantonale.
Lorenzo Quadri
Capodicastero turismo
Città di Lugano