Ma come, l’internazionalismo e le frontiere spalancate non erano il “bene supremo”?
Ma come, i contrari alla (fallita) UE non dovevano essere tutti dei beceri razzisti? Questo perché l ‘élite spalancatrice di frontiere ed i suoi intellettualini da tre ed una cicca si sono autoattribuiti – nel senso che hanno fatto tutto da soli – il monopolio della morale e pure quello dell’intelligenza. Chi non la pensa come loro, dunque, è becero per definizione. Con le fanfaluche degli spalancatori di frontiere è ora di darci un taglio.
Il professore dixit
E’ quindi sicuramente positivo che sempre più persone non sospettabili di essere populiste e becere impallinino l’Unione europea e, di conseguenza, i suoi camerieri: ossia quelli che vorrebbero rottamare gli stati nazionali – e con essi, sovranità e diritti popolari – per svenderci a Bruxelles.
Sulla Weltwoche Oliver Zimmer, professore di storia all’Università di Oxford (quindi non proprio l’ultimo somaro ignorante) si è espresso in modo molto chiaro. “L’UE – ha dichiarato il professore – mette in pericolo le democrazie liberali”. Ha poi rincarato la dose: “L’UE minaccia le basi democratiche delle nazioni”. In merito al recente voto italiano, costato la cadrega al parolaio Matteo Renzi, il commento è il seguente: “Gli italiani si sono pronunciati contro un’ulteriore limitazione della democrazia: questo viene poi definito populismo”.
Eh già: come da copione, l’élite spalancatrice di frontiere denigra e delegittima l’opposizione come “populismo e razzismo”. In questo è ben spalleggiata dall’informazione di regime. A partire da quella di sedicente “servizio pubblico” – che è invece al “servizio” dell’ideologia europeista, e non perde mezza occasione per dimostrarlo.
Disintegrare un tabù
Si potrebbe dire che le dichiarazioni del professorone di Oxford non sono di per sé particolarmente originali. Rilanciamo e diciamo pure che sono piuttosto ovvie. La notizia è che finalmente anche blasonati accademici hanno il coraggio di scaricare il pensiero unico politikamente korretto (quello secondo cui le frontiere spalancate e la rottamazione degli Stati nazionali sono il “progresso”, il “bene supremo” e, soprattutto, sono “ineluttabili”) e di dire come stanno le cose. Ricordiamo che in tempi recenti anche l’ex vicepresidente della Banca nazionale svizzera Jean Pierre Dantine (che tra l’altro è di origine belga) ha dichiarato che “la libera circolazione delle persone è inutile per l’economia”. Mentre il professor Reiner Eichenberger dell’Università di Friburgo ha detto pubblicamente che i bilaterali “non sono indispensabili per la Svizzera”, disintegrando così un tabù.
Meno democrazia
L’equazione è alquanto semplice. Più ci sottomettiamo all’UE, più perdiamo autonomia e meno il popolo è sovrano. Avvicinarsi all’UE significa rottamare la democrazia e cancellare i diritti popolari. In uno Stato nazionale decidono i rappresentanti democraticamente eletti ed inoltre (almeno nel caso della Svizzera) il popolo può imporsi direttamente tramite iniziative e referendum, che spesso e volentieri rompono le uova nel paniere ai camerieri dell’UE. Legarsi all’UE significa invece dare sempre più potere, in casa nostra, ai funzionarietti di Bruxelles. Che non hanno uno straccio di legittimazione democratica. E chi sono questi funzionarietti? Scartine e trombati dei governi degli stati membri, affetti da deliri di onnipotenza. A partire dal lussemburghese non astemio Jean Claude Jucker (uno che starnazzava contro il segreto bancario svizzero dopo essere stato primo ministro di un granducato che sul segreto bancario ci ha campato alla grande; quando si dice: “avere il fondoschiena pitturato in faccia”).
I becchini della democrazia
La situazione è chiara. L’UE è la tomba della democrazia, ed i suoi camerieri – a partire da quelli che sabotano il 9 febbraio e che vorrebbero farci sottoscrivere accordi quadro istituzionali con il rudere di Bruxelles – ne sono i becchini.
Lorenzo Quadri