I nuovi aiuti ai media finirebbero per lo più nelle tasche di tycoon ricchi sfondati
Il referendum contro il pacchetto di aiuti ai media (traduzione: sussidi alla stampa di regime con i soldi del contribuente) è riuscito. Sul tema si voterà il prossimo 13 febbraio.
Nei giorni scorsi la direttora del DATEC Simonetta Sommaruga ha lanciato la campagna a sostegno del nuovo esborso a beneficio di giornalai ed editori amici. Chiaro: i media “mainstream” le reggono la coda aiutandola a diffondere l’isterismo climatico a scopo di campagna elettorale (accattonaggio di voti per la $inistra ro$$overde); la Simonetta li ringrazia facendo largo uso di soldi degli altri.
La tassa c’è già
Il pacchetto di aiuti ai media consterebbe di 150 milioni di franchetti all’anno. Prevede un aumento del contributo alle spese di spedizione della stampa cartacea, finanziamenti ai portali online e sostegno alla formazione continua ed alle agenzie di stampa. Solo l’ultima misura, che è l’unica a basso costo, è finanziata con i soldi del canone radioTV. Per le altre, si va a mungere il contribuente. E qui l’asino comincia ad incespicare. Infatti in Svizzera esiste già una tassa sui media. Il canone, appunto. Sicché, se si vuole sussidiare la stampa di regime in nome della presunta “pluralità” (che è solo di facciata) si fa il piacere di attingere a quello, mettendo a dieta la SSR. Altro che chiedere soldi extra!
Discriminazione chiara
Il pacchetto dei media non serve a promuovere “la pluralità dell’informazione”. Serve a sostenere la stampa al servizio della casta. Infatti le pubblicazioni gratuite sono escluse da ogni aiuto. Perché, favoleggia Sommaruga, “hanno un modello di finanziamento diverso”. Ah ecco: ma allora si sostiene la (presunta) pluralità o i “modelli di finanziamento”?
E’ evidente che la storiella del “modello di finanziamento” è una fregnaccia. La volontà di discriminazione è evidente: si vogliono foraggiare i media che piacciano alla partitocrazia.
Intervento ingiustificato
La Confederella vorrebbe inoltre mettersi a sussidiare, sempre con i soldi del contribuente, pure i portali online. Questo per favorire la trasformazione digitale.
Ohibò, delle due l’una: o si sostiene la stampa scritta (a cui andrebbe peraltro la maggioranza degli aiuti prevista dal pacchetto) o si promuove la “transizione digitale”. Ma entrambe le cose assieme non sta in piedi.
Inoltre, i portali online non hanno necessità di finanziamenti pubblici, visto che proliferano. Spesso si tratta di piccole aziende redditizie ed innovative. In questo settore le leggi del mercato funzionano. Un massiccio intervento statalista non si giustifica.
In più, anche i portali per beneficiare di aiuti federali dovrebbero diventare a pagamento.
Pluralità: una barzelletta
I sussidi alla stampa di regime si basano su una serie di presupposti sballati. Il pretesto per elargirli è, come detto, la difesa della pluralità. Ma quale pluralità? Il panorama mediatico svizzero non è pluralista. È solo affollato. Affollato di pubblicazioni che dicono tutte la stessa cosa. Vi troviamo infatti:
Cani da guardia?
Quindi, di quale pluralità (di contenuti!) stiamo cianciando?
E’ poi evidente che i sussidi sono un attentato all’indipendenza giornalistica. Chi paga comanda: vale anche nelle redazioni. Media sussidiati dalla partitocrazia non saranno mai critici nei confronti della medesima. Altro che la fanfaluca del giornalismo“cane da guardia del potere”: qui siamo ai chihuahua da borsetta.
Nelle tasche dei tycoon
Infine, chi beneficerebbe della nuova manna alimentata con denari pubblici? Una fetta consistenza dei nuovi aiuti andrebbe ai grandi gruppi editoriali. Quelli di proprietà dei signori Ringier, Supino, Wanner. Nomi che al Gigi di Viganello non dicono nulla. Si tratta tuttavia di ricconi il cui patrimonio è stimato in svariate centinaia di milioni a cranio. Posseggono ville hollywoodiane, castelli, yacht. Ed è direttamente nelle capienti tasche di questi borsoni che la partitocrazia (ed in primis proprio i $inistrati, quelli della “lotta di classe”!) vorrebbe versare una barca di soldi dei cittadini. Intanto i gruppi editoriali di questi nababbi continuano a realizzare utili: si parla di 257 milioni di Fr nel 2020, anno della pandemia.
Ci sono quindi tutti i motivi per sostenere il referendum e votare NO ai nuovi sussidi alla stampa di regime ed ai tycoon plurimilionari.