La condizione di privilegio non può durare all’infinito. La pazienza è in esaurimento

Il caos asilo, di cui abbiamo avuto modo di parlare a più riprese nelle scorse settimane, imperversa. Il problema non è solo di sicurezza del territorio. E’  anche finanziario. Nell’anno di disgrazia 2023 la Confederella (alla faccia delle asserite esigenze di risparmio) prevede di spendere circa 4 miliardi di franchi per il settore dell’asilo. A questa enorme somma, vanno ancora aggiunti i costi che ricadono sul groppone di Cantoni e Comuni. 

Circa 2 miliardi di franchi sono le spese generate dai profughi ucraini con statuto S tra alloggio, copertura sanitaria, rendite, eccetera. 

La barzelletta

L’accoglienza semplificata e non burocratica tramite statuto S sarebbe stata adeguata se la guerra in Ucraina fosse durata qualche settimana, o un paio di mesi. Purtroppo le cose non sono andate così. Il conflitto dura da un anno e mezzo. La fine non è in vista. Di conseguenza, lo statuto S non è più lo strumento adatto.  In teoria, esso sarebbe  “orientato al rimpatrio”. Ma è chiaro che si tratta di una barzelletta. Dopo aver toccato con mano la generosità dello stato sociale elvetico, e soprattutto la facilità con cui ci si può tettare dentro, sempre meno profughi ucraini sono interessati a rientrare in un paese – il loro – semidistrutto dalla guerra e che comunque era ben lungi dall’essere un paradiso anche prima dell’invasione russa (salari bassi, recessione, corruzione a gogò…). 

In Germania da una recente inchiesta è emerso che quasi la metà dei profughi ucraini attualmente presenti intende rimanere “ancora almeno per alcuni anni o in via definitiva”. E da noi? Poco ma sicuro che la quota è ben più elevata.

Andrà dunque a finire che i profughi ucraini resteranno tutti qui. La stessa cosa è avvenuta con i cittadini dell’ex Jugoslavia. E loro, lo statuto S privilegiato mica l’avevano, dato che ancora non esisteva.

Occorre distinguere

Lo statuto S permette di spostarsi liberamente in Europa, di tornare al paese d’origine e di farsi raggiungere dal parentado tramite ricongiungimento familiare. Ed infatti numerosi profughi ucraini hanno trascorso il periodo estivo in vacanza al mare: in Spagna, Italia, Portogallo, Grecia,… Non per due giorni, ma per svariate settimane. Altri sono rientrati per le ferie nel paese d’origine. Se si possono passare le vacanze in Ucraina, vuol dire che il posto non è poi così invivibile. Ed infatti in certe zone vi si conduce una vita normale. E’ quindi chiaro che lo statuto S non può essere accordato a tutti coloro che arrivano dall’Ucraina senza distinzioni.

Mentalità diversa

In Ticino ci sono cittadini ucraini che vivono qui da tanti anni. Sono arrivati tramite il normale percorso migratorio, non per  vie privilegiate. Questi ultimi, ovviamente, capiscono i commenti che i loro connazionali con statuto S pronunciano in luoghi pubblici su come sia facile fare fessi gli svizzerotti. Magari questi furbetti non hanno neppure la consapevolezza di fare qualcosa di riprovevole. La loro mentalità è molto diversa dalla nostra. In barba alla narrazione mainstream, l’Ucraina non è un paese “occidentale”. La corruzione dilaga. Facile immaginare che, da quelle parti, fregare l’ente pubblico laddove possibile sia considerato la regola, e socialmente accettato. Il rapporto di fiducia tra cittadino e Stato è una caratteristica svizzera (peraltro sempre meno radicata anche da noi, a seguito dell’arrivo in massa di migranti con mentalità diversa). Non possiamo attenderci che chi proviene dall’Ucraina – o da altri Paesi lontani – abbia la nostra forma mentis.

Rientrare nei ranghi

Gli svizzeri, ed in particolare i ticinesi, hanno dimostrato grande accoglienza e generosità nei confronti dei profughi ucraini, convinti di dover fornire un sostegno per una crisi di breve durata. Come sappiamo, è andata diversamente. Adesso è ora che gli ucraini rientrino nel normale processo d’asilo. E la Svizzera è liberissima di decidere la revoca dello statuto S indipendentemente dalle decisioni dei balivi di Bruxelles. 

Ed è altrettanto chiaro che sugli aiuti all’Ucraina si può e si deve tagliare. Se gli USA, la NATO e Zelensky vogliono prolungare la guerra ad oltranza, è una scelta loro. Non ci sta bene che sia la Svizzera neutrale (ex neutrale) a pagarne il prezzo. 

Lorenzo Quadri