Nuovo Campus USI-SUPSI: va bene la formazione, ma dopo bisogna poter trovare lavoro!
E’ stato inaugurato in pompa magna nelle scorse settimane il nuovo Campus USI e SUPSI di Viganello, denominato “casa della conoscenza”: sicuramente un valore aggiunto importante per Lugano e per il Ticino tutto. Il punto però l’ha centrato il presidente del governicchio cantonale Norman Gobbi nel suo intervento in occasione dell’incontro con Parmelin: non basta che il Ticino formi i giovani, deve anche fornire degli sbocchi professionali.
Sempre più minoranza
E a questo proposito sono cavoli non dolcificati: come sappiamo il mercato del lavoro ticinese è andato a ramengo per colpa della devastante libera circolazione delle persone voluta dalla partitocrazia. Dal 2018 in Ticino i lavoratori svizzeri sono in minoranza. La maggioranza è composta da stranieri residenti e da frontalieri (che da soli fanno quasi un terzo della forza lavoro presente in questo sfigatissimo – è proprio il caso di dirlo – Cantone).
Le cifre ufficiali dell’invasione da sud contemplano, come ovvio, solo i frontalieri dichiarati. Quelli in nero non sono conteggiati.
Come gli indiani nelle riserve
Fino a 10 anni fa, i lavoratori elvetici in Ticino erano il 55% del totale. Adesso non arrivano al 48%. Il “famoso” manifesto della Lega con l’indiano diventa realtà: i ticinesi stanno facendo la fine degli indiani nelle riserve. Intanto il numero dei frontalieri continua a polverizzare un record dopo l’altro: ormai siamo a quota 70’155.
La crisi economica da stramaledetto virus cinese – o meglio: da lockdown imposto dal Consiglio federale che ha FALLITO la campagna di vaccinazione – provocherà una catastrofe occupazionale. Si perderanno migliaia e migliaia di impieghi. Quindi: sempre meno sbocchi “in casa” per i giovani ticinesi che si affacciano sul mondo del lavoro. Oltretutto, per dirla con diplomazia, la stessa SUPSI non brilla per “primanostrismo” nelle sue assunzioni.
Problema cantonale
Quale futuro si prepara sul territorio per i futuri “ospiti” del campus nuovo di pacca?
Nelle elezioni comunali imminenti la domanda ricorrente dei giornalai, che ritorna come un mantra, è quella relativa alla perdita di popolazione nell’uno o nell’altro centro urbano.
Ma il calo demografico non è un tema comunale: il problema è cantonale. Visto che il mercato del lavoro ticinese è stato devastato dalla libera circolazione delle persone, sempre più giovani che partono dal Ticino per studiare Oltregottardo non rientrano più. E gli studenti non sono gli unici a partire. Stiamo tornando terra d’emigrazione come un secolo fa. Il problema demografico si risolve solo con il ritorno della preferenza indigena e la fine della libera circolazione delle persone. Però la partitocrazia eurolecchina vuole che l’invasione continui. C’è da sperare che i cittadini se ne ricorderanno il 18 aprile.
Orientamento professionale
Chiaramente il disastro sul mercato del lavoro ticinese ha conseguenze non solo sulle partenze, ma anche sulla natalità. Non bisogna stupirsi se chi non ha un’occupazione – o deve temere ogni giorno di perderla perché sostituito da un frontaliere pagato la metà – si dimostra restio a fondare una famiglia.
C’è poi un manifesto problema anche a livello di orientamento professionale: è inutile continuare a promuovere tra i giovani formazioni che non offrono sbocchi e quindi si trasformano in fabbriche di disoccupati. Hanno ancora un senso le varie scuole ed apprendistati di commercio, quando proprio questo settore viene sempre più colonizzato da permessi G? Ricordiamo per l’ennesima volta che, in regime di libera circolazione delle persone, i frontalieri nel settore terziario sono più che quadruplicati.
“Chilometro zero”
Tornando al neonato campus USI/SUPSI. A maggior ragione questa importante novità – ricordiamo il ruolo di primissimo piano svolto dal Nano nell’arrivo dell’Università a Lugano – deve venire accompagnata dalla preferenza indigena. Formare laureati e contemporaneamente promuovere lo sgretolamento del mercato del lavoro significa spendere soldi pubblici per formare potenziali buoni contribuenti che poi andranno a pagare le imposte… in altri Cantoni. L’investimento non torna indietro!
Il tanto osannato “chilometro zero” non dovrebbe valere solo per ortaggi e formaggini. Teniamo i nostri laureati in Ticino e facciamo in modo che possano lavorare – e pagare le tasse – qui.
Lorenzo Quadri