Covid, se ne accorge anche Berset: troppi curanti nelle case anziani non sono immunizzati
All’improvviso sia il kompagno Alain Berset, come pure il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini, si accorgono che c’è un problema a livello di personale curante delle case per anziani e dei servizi di assistenza e cure a domicilio. Una parte “notevole” (cit. Berset) di questo personale non vuole farsi vaccinare contro lo stramaledetto virus cinese.
“Sono preoccupato – ha detto Berset in un’intervista pubblicata sabato -. Una nuova ondata di infezioni negli istituti va evitata”.
Da parte sua il farmacista cantonale ha dichiarato che il curante che non vuole farsi vaccinare “deve cambiare mestiere”.
Avevamo ragione
Ah ecco! A scoppio ritardato di vari mesi, ci si accorge che il Mattino e la Lega avevano ragione.
Già a gennaio infatti, quando in Svizzera cominciavano (in ritardo e con il contagocce) le vaccinazioni contro il coronavirus, e la priorità era data agli ospiti delle case anziani ed al personale che ci lavora, su queste colonne sollevavamo il tema della reticenza di troppi curanti a farsi immunizzare. Un comportamento che mette in pericolo gli ospiti.
Non tutti gli anziani sono vaccinati. Berset ha dichiarato ieri che il 20% degli “over 80” non è immunizzato. Tra questi, c’è chi lo ha fatto per scelta: ed evidentemente se ne assume la responsabilità. Ma c’è anche chi non si è potuto vaccinare per controindicazioni mediche. Se l’anziano che non si è potuto vaccinare deve trasferirsi in casa anziani, o deve far capo alle cure domiciliari, ed entra così in contatto con curanti non vaccinati, il rischio che si ammali è concreto. A maggior ragione con le nuove varianti che sono più contagiose (pare parecchio di più) del virus originale.
Se anche con il virus “senza mutazioni”, pur osservando i protocolli, nelle case per anziani ci sono stati dei contagi (in certi casi tanti) figuriamoci con il virus mutato.
Responsabilità anche giuridica
Se un professionista della sanità non si è vaccinato di proposito ed ha contagiato un paziente fragile che poi è morto, è evidente che si pone un problema non solo etico, ma anche di responsabilità giuridica. Specie se il contagio è avvenuto in una struttura pubblica. Nel Balpaese, ad esempio, i tribunali sono già al lavoro su casi simili.
Berset dice che i curanti non vaccinati dovrebbero sottoporsi al tampone una volta alla settimana. Ma è una cavolata, dal momento che possono contagiarsi tra un tampone e l’altro.
L’unica via d’uscita
E’ inutile girarci attorno. L’unica soluzione è l’obbligo di vaccinazione per il personale curante a contatto con persone fragili. In alcuni settori un obbligo del genere esiste già. Gli infermieri che lavorano con bambini immunosoppressi malati di cancro sono tenuti a farsi vaccinare contro malattie potenzialmente letali per i piccoli pazienti, come il morbillo. Altrimenti vengono mandati in un altro reparto. L’obbligo di vaccinazione va dunque esteso ai curanti delle case anziani e deiservizi di cure a domicilio. La base legale federale già esiste. I Cantoni hanno infatti la facoltà di dichiarare obbligatoria una vaccinazione a determinate condizioni. Condizioni che nel caso concreto sono date.
Quindi il kompagno Berset, invece di rilasciare interviste, dovrebbe dire ai Cantoni di fare uso di questa loro facoltà. Idem il farmacista cantonale. Faccia notare al suo capo, il direttore del DSS, che il Consiglio di Stato il margine di manovra per risolvere la situazione ce l’ha eccome. Se non lo usa, è solo perché non vuole usarlo.
Lorenzo Quadri