La Lega l’ha sempre sostenuta, finora senza successo. Ma il vento sta cambiando

A seguito delle ormai tristemente note tranvate sui premi di cassa malati, riprende quota l’assicurazione malattia pubblica. Secondo un recente sondaggio – da prendere ovviamente con le pinze, come è il caso di tutti i sondaggi – addirittura il 79% dei cittadini svizzeri sarebbe favorevole.

La cassa malati pubblica è stata bocciata a più riprese dalle urne. L’esito dell’ultima votazione popolare, del 2014, è stato netto: 62% di no e 22 Cantoni contrari. 

La Lega è sempre stata favorevole ad una cassa malati pubblica. Tant’è che ad inizio millennio lanciò un’iniziativa popolare per crearne una in Ticino, “con premi accessibili”. L’iniziativa riuscì, ma il triciclo PLR-PPD-P$ nel parlatoio cantonale impedì alla popolazione di votare, argomentando che la LAMal è una legge federale sicché nei Cantoni… sa po’ fa nagott! Una posizione che venne, ahinoi, confermata dal Tribunale federale nel 2003.

Vani finora i tentativi di cambiare questo stato di cose. L’iniziativa cantonale di Neuchâtel che chiedeva appunto che i Cantoni venissero autorizzati ad istituire delle casse malati uniche sul proprio territorio è stata affossata dalle Camere federali nel marzo del 2022. 

I conti non tornano

Adesso però il vento potrebbe essere cambiato.

Intendiamoci: non bisogna illudersi che la cassa malati pubblica sia la panacea per tutti i mali. In particolare, essa non ha alcuna influenza sui costi sanitari in sé, ma solo sulla modalità con cui i cittadini sono chiamati a coprirli. La cassa malati pubblica non è la panacea, ma può comunque aiutare. In particolare se si pensa che, a livello nazionale, negli ultimi 25 anni i costi sanitari sono aumentati dell’81%, mentre i premi addirittura del 146%. A cosa si deve questa importante discrepanza? Da qualche parte i conti non tornano. 

E’ inoltre notizia dei giorni scorsi, annunciata dal kompagno Berset, che le casse malati hanno perso 1.8 MILIARDI in borsa. Hai capito? Invece di restituire ai cittadini le riserve in esubero, i cassamalatari le bruciano sui mercati finanziari, e non è certo la prima volta.

Inoltre, varie assicurazioni malattia hanno una serie di sottocasse, ciascuna dotata di consiglieri d’amministrazione e di manager riccamente remunerati: ovviamente con i soldi dei premi. Con queste costruzioni “a matrioska” un assicuratore arriva “agevolmente” ad avere  oltre 100 consiglieri d’amministrazione.

Il ramo si spacca

Senza contare che le casse malati spendono una paccata di soldi in campagne pubblicitarie, in sponsorizzazioni a club sportivi, eccetera… Una cassa malati unica per le prestazioni obbligatorie LAMal spazzerebbe via tutto ciò.

I parlamentari federali che sono al contempo membri di CdA di assicuratori malattia – si tratta soprattutto di uregiatti e liblab – e che, in veste di cassamalatari, incassano ben più che come deputati, faranno meglio a darsi una mossa: perché il ramo su cui si sono accomodati rischia di spezzarsi fragorosamente.

Il contributo federale

Una cassa malati unica e pubblica dovrà verosimilmente coprire un catalogo di prestazioni più ristretto di quello attuale, che si è gonfiato come una rana (e tanti ci tettano dentro). I premi potranno essere calmierati tramite un contributo federale, come proposto a Berna da chi scrive tramite mozione. Questo contributo federale può comunque venire istituito subito, senza bisogno di attendere un’eventuale cassa pubblica. Infatti, se anche un’apposita iniziativa popolare venisse lanciata domani, prima di una sua attuazione (ammesso che venga approvata in votazione) passerebbero comunque svariati anni.

Due temi

Anche altri punti sono meritevoli di attenzione. 

Ad esempio, c’è da chiedersi se la franchigia minima di 300 franchi sia ancora adeguata, per lo meno nei casi di persone che non sono anziane e non soffrono di malattie gravi o croniche. Il tema si pone in particolare nel caso di beneficiari di sussidi. E’ chiaro che chi riceve sussidi e stipula la franchigia minima non è incoraggiato (eufemismo) a ricorrere in modo coscienzioso alle prestazioni mediche, ma tenderà piuttosto a farne shopping, “tanto paga qualcun altro”. Ma, senza la responsabilità individuale, il sistema va a ramengo.

Altra questione che riguarda il Ticino è l’invecchiamento della popolazione. Non è un mistero che nel nostro Cantone si sono trasferiti vari anziani provenienti dal resto della Svizzera, i quali per ovvi motivi necessitano di più cure, pertanto fanno salire i costi e quindi i premi. Diventa quindi necessario pensare ad una forma di compensazione intercantonale. Cosa che la Lega non mancherà di chiedere a Berna tramite atto parlamentare. 

 

Lorenzo Quadri