Il frontaliere: “sto ancora godendo per l’eroe Marko Tomic al carnevale di Locarno”

 

“I social media – disse Umberto Eco nel 2015 dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in “comunicazione e cultura dei media” – hanno dato la parola (anche) a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar”.

In testa alle legioni di imbecilli figura certamente il soggetto che, dopo l’esclusione dell’Italia dai mondiali di calcio, dove la Svizzera si è invece qualificata, ha pensato bene di sbroccare sulla sua paginuzza facebook con i raffinati post sotto riportati.

E’ evidente che “imbecille” è ancora un complimento per chi esulta perché un ragazzo ticinese è stato ammazzato a calci al carnevale di Locarno.  Il coglione in questione – tale definizione  pare più aderente alla realtà –  è un frontaliere, per sua stessa dichiarazione contenuta nell’altro post.

Sanzioni penali?

Sarebbe bello se questo decerebrato finisse davanti ad un giudice per le sue ripugnanti prestazioni, ma le chance di un perseguimento penale sono scarse. Non solo perché, come ha dichiarato il padre di Damiano Tamagni, non vale la pena “perdere tempo con un asino”. Ma anche perché è difficile immaginare il reato che potrebbe entrare in linea di conto. Il codice penale svizzero non punisce (a differenza di quello italiano) l’apologia – ovvero l’esaltazione – di un delitto. E nemmeno il post può essere qualificato come diffamazione o calunnia di un defunto. Anche l’interpretazione come incitazione alla violenza risulta tirata.

Silenzi assordanti

Naturalmente la cricca dei moralisti a senso unico si è ben guardata dal fare cip a proposito delle allucinanti dichiarazioni dell’imbecille in questione. Chiaro: sia moralisti a senso unico che anche le inutili commissioni contro il razzismo che lo stesso codice penale mirano a criminalizzare chi si oppone alla devastante politica delle frontiere spalancate ed al multikulti.  Il frontaliere di turno è invece libero di esprimere abomini di ogni genere.

Fuori dal Ticino!

Il becero odio espresso dal pirla nei confronti del paese che gli dà la pagnotta ed i suoi abitanti, evidentemente, non è tollerabile. Sarebbero questi i frontalieri di cui l’economia ticinese avrebbe bisogno, come amano blaterare gli spalancatori di frontiere?

Ma soprattutto: merita questo  “signore” di lavorare nell’odiato Ticino e di portarsi oltreramina il suo bello stipendio? La risposta, evidentemente, è No. Ciò che costui meriterebbe, è il ritiro immediato del permesso G ed un altrettanto immediato rinvio nel Belpaese. Ma è  realistico questo scenario? Ben difficilmente il Cantone potrà ritirare il permesso G sulla base di un post su facebook. Specie se non sfocia in alcuna condanna.

C’è  poi chi chiede al governo di dichiarare l’idiota persona non grata. Ma questa è una competenza federale e non cantonale.

Morale: interventi della politica nei confronti dell’ “asino” (come l’ha eufemisticamente definito il padre di Damiano Tamagni)? Il Mago Otelma prevede che presto sentiremo la nota frasetta: “non c’è la base legale”!

Il datore di lavoro

C’è da dire che, se i social media, come disse Eco, hanno dato voce a “schiere di imbecilli”, essi permettono anche di divulgare obbrobri come i post del mentecatto. Il quale è stato così sputtanato a dovere.

Starebbe in effetti al datore di lavoro di questo frontaliere che odia il Ticino ed i ticinesi sanzionarlo a dovere.  Probabilmente è l’unico nella posizione di poterlo fare. Del resto nel privato i casi di un dipendente che perde il posto perché sbrocca sui social – causando in questo modo un danno d’immagine al datore di lavoro – non sono poi così rari. E’ solo il governicchio che mette via a tarallucci e vino, con ammonimenti che sanno tanto di beffa, i docenti che paragonano il voto sulla civica al nazismo. Ma già, a sostenere questi docenti c’è il loro ministro ro$$o…

E pure a tarallucci e vino è finita la vicenda del funzionario del DSS Ruggero d’Alessandro, quello che accusava i leghisti (ma anche i liblab e gli uregiatti) di essere “fascisti e razzisti”.

Un gesto di responsabilità

Se come sembra il  frontaliere che “sta ancora godendo per l’eroe Marko Tomic al carnevale di Locarno”  lavora per un noto negozio, il numeroso popolo della rete dispone senz’altro di sufficienti mezzi di pressione affinché si prendano dei provvedimenti nei confronti del pirla. Ad esempio, andare a fare compere altrove se non succede nulla.  Per la serie: “non siamo mica scemi…”.

Quanto al datore di lavoro, lasciare a casa il frontaliere “asino” che odia il Ticino e sostituirlo con un ticinese sarebbe senz’altro un bel gesto di “responsabilità” nei confronti del territorio dove  lavora e guadagna.

Lorenzo Quadri