Delirio in una scuola lucernese: per calare le braghe davanti ad allievi stranieri non integrati
Proprio vero che al peggio non c’è alcun limite. Nei giorni scorsi si è scoperto che in una scuola di Willisau (LU) la direzione, e non si fa tanta fatica ad immaginare di quale orientamento politico (lo stesso di troppe direzioni scolastiche, del resto), si è prodotta in un’alzata d’ingegno decisamente meritevole di attenzione: quella di vietare la camicia con gli edelweiss, o stella alpina che dir si voglia, caratteristica dei contadini elvetici – e quindi una sorta di simbolo nazionale – con questa allucinante giustificazione: è provocatoria (!!) e razzista (!!). Uella, direbbe qualcuno!
In Ticino…
La notizia ha avuto ampia eco in Svizzera interna; così non è stato in Ticino, dove evidentemente si preferisce tacere su certi argomenti, peraltro fondamentali visto che è in ballo la nostra identità. Silenzio dettato, è evidente, anche dal periodo elettorale: i media di regime non vogliono correre il rischio di portare acqua al mulino dell’odiata Lega populista razzista e (come da calzante definizione del presidente dell’ex partitone) pure fascista.
Qulacuno non ha capito…
Ma come si è potuti giungere al delirante divieto? E perché una camicia di cotone azzurro con dei fiorellini bianchi, peraltro usata in numerosi spot pubblicitari a sostegno dei contadini svizzeri, sarebbe diventata un’insostenibile provocazione razzista, al punto da venire bandita da una scuola ?
Il motivo, ma guarda un po’, va ricercato nel comportamento di alcuni allievi albanesi i quali hanno pensato bene di presentarsi in classe ostentando doppie aquile. Ecco il risultato della politica delle frontiere spalancate e della multikulturalità completamente fallita: adolescenti albanesi non integrati, provenienti evidentemente da famiglie non integrate (e magari pure a carico dello stato sociale), ostentano la propria non integrazione come se fosse un motivo di vanto.
Per reazione, alcuni studenti svizzeri sono andati a scuola vestiti con la camicia con gli edelweiss (che peraltro è simbolo nazionale fino ad un certo punto…). Sono di conseguenza sorte tensioni, e allora cosa fa la direzione scolastica politikamente korretta? Vieta sia i simboli albanesi che quelli svizzeri “per calmare le acque”.
Complimenti! Qui qualcuno non ha capito da che parte sorge il sole. In nessun paese al mondo si vietano i simboli nazionali argomentando che sarebbero “provocatori” nei confronti degli immigrati. Solo gli svizzerotti calabraghe. Se ci sono stranieri che si sentono offesi dalla camicia con le stelle alpine, il problema è loro: ed è giusto offenderli. Proviamo noi ad andare in Albania a dire che ci sentiamo provocati da indumenti con simboli nazionali, poi vediamo l’esito. Oppure potremmo anche andare in una scuola islamica di un paese arabo a pretendere che le ragazze tolgano il velo perché offende la nostra sensibilità.
Chi si sente offeso…
Non esiste proprio che in una scuola svizzera vengano vietati simboli svizzeri. Nemmeno temporaneamente per placare gli animi. Per placare gli animi di chi? E’ ovvio che la direzione avrebbe semmai dovuto vietare le provocazioni albanesi. Qui siamo in Svizzera (ai politikamente korretti bisogna continuare a ripeterlo perché sennò il messaggio non passa). Chi si sente offeso da una camicia azzurra a fiorellini non è al suo posto in Svizzera. Quindi, non ha che da fare fagotto e tornare da dove è venuto: in Albania ostenterà, a buon diritto, tutte le aquile bicipiti che vuole (sapesse che è un’insegna araldica tipica dell’impero bizantino…).
A scuola inno e bandiere
Cosa deve ancora succedere perché i politikamente korretti oltre a spalancare le frontiere, aprano anche gli occhi? La risposta è fin troppo semplice: costoro, accecati dall’internazionalismo becero, gli occhi non gli apriranno mai. Peraltro è accaduto anche in Svizzera romanda che delle scuole mettessero al bando indumenti giudicati troppo nazionalisti. Quindi a Willisau purtroppo non hanno inventato niente. E’ evidente che direttori di scuole che vietano camicie a fiorellini non sono al loro posto. Un direttore degno di questo nome la camicia avrebbe dovuto metterla lui, altro che proibirla.
L’accaduto dimostra peraltro la necessità di insegnare obbligatoriamente l’inno nazionale a scuola e di esporre la bandiera rossocrociata in ogni sede scolastica: tanto per chiarire a qualcuno in casa di chi si trova.
In parlamento…
La vicenda della scuola basilese ha avuto un epilogo parlamentare. Alcuni consiglieri nazionali Udc hanno reagito alla notizia giungendo in aula con addosso la camicia “incriminata”. Hanno fatto benissimo. Ma non poteva mancare l’episodio grottesco: una deputata $ocialista (oltretutto “non patrizia”) è andata da loro a lamentarsi.
Ma tu guarda questi kompagni: difendono il burqa ma non vogliono la camicia con gli Edelweiss! Ogni commento ulteriore è superfluo…
Lorenzo Quadri