E se qualcuno crede davvero che il nuovo lockdown durerà “solo” un mese… buon risveglio!

Mancano dati ed analisi su chi si è contagiato dove e perché. A cosa serve l’Ufficio di statistica? A contare le pecore prima di addormentarsi?

Come c’era da attendersi le chiusure fioccano copiose per decisione del governicchio federale ed investono una vasta gamma di attività economiche: blindati ristoranti, palestre, strutture per il tempo libero e la cultura, eccetera. Ovviamente i settori colpiti batteranno cassa presso l’ente pubblico. Solo che i soldi che verranno versati per evitare un danno ancora più grande non sono quelli del kompagno Berset o della kompagna Sommaruga. Sono quelli dei contribuenti.

Decisioni incoerenti

Sulla logica delle misure decise si potrebbe disquisire a lungo.

Ci si può assembrare nei grandi magazzini, ma i musei semivuoti, dove c’è una persona ogni cinquanta metriquadri o giù di lì, sono pericolosi e devono chiudere? I soldatini della partitocrazia federale per tre settimane sono stati ammucchiati in 200 nella sala del Consiglio nazionale dalle 8 di mattina alle sette di sera. Però non si può stare  in 30 in un cinema per due ore? E come la mettiamo con i trasporti pubblici stracolmi?

Il governicchio chiude gli impianti sportivi e poi ci viene a dire che lo sport è importante per la salute? Ma ci siete o ci fate?

Ci piacerebbe anche sapere quanti si sono contagiati, tanto per restare allo sport, facendo fitness in palestra rispettando le distanze ed i piani di protezione. Quanti si sono contagiati al ristorante rispettando le regole. Gli esercizi pubblici hanno investito per poter lavorare – con plexiglas, gazebi, pulizia accresciuta – e adesso vengono chiusi. Se c’è qualcuno che crea situazioni di pericolo, è quel qualcuno che va sanzionato. Non si puniscono tutti indiscriminatamente.

A Lugano sono stati interrotti in anticipo i mercatini natalizi. A Berna, per contro, continuano come prima. Qualcuno pensa sul serio che fossero le bancarelle dei mercatini a creare gli assembramenti? E intanto centinaia di giovani continuano ad ammassarsi nelle sere del fine settimana alla pensilina dei bus e altrove, senza alcun rispetto delle norme di sicurezza sanitaria. Il bello è che fino a pochi mesi fa i benpensanti si lamentavano che i giovani passavano troppo tempo sui social invece di incontrarsi di persona. Adesso sono accontentati.

Mancano i dati

La realtà è che non c’è uno straccio di analisi che dica, dati alla mano, chi si è contagiato dove. Che permetta, dunque, di prendere delle misure mirate, senza sparare nel mucchio. A cosa servono i vari uffici cantonali e federali di statistica, ben forniti di personale lautamente remunerato? Cosa hanno fatto da febbraio a questa parte? Hanno conteggiato le pecore per addormentarsi meglio?

Altro che un mese!

Se poi qualcuno si immagina che le chiusure dureranno “solo” un mese, auguri! E’ evidente che il 22 gennaio diventerà il 22 febbraio e poi il 22 marzo. Proprio come successo in primavera. A proposito: le elezioni comunali verranno rinviate di un altro anno?

Come è ormai chiaro a tutti, alla crisi sanitaria seguirà quella economica ed occupazionale. I soldi pubblici non crescono sugli alberi. Lo Stato si ritroverà con le casse vuote e risparmierà sugli svizzeri che tirano la cinghia. Tanto più che la partitocrazia rifiuta istericamente di tagliare sui miliardi regalati all’estero, sui finti rifugiati e sugli stranieri in assistenza.

Naturalmente l’invasione da sud continuerà  ad oltranza. In Ticino perderemo migliaia e migliaia di posti di lavoro; ma i frontalieri saranno sempre più numerosi “grazie” alla devastante libera circolazione delle persone voluta dal triciclo.

I garantiti

Gli unici a non accorgersi di nulla saranno i garantiti. Quelli con il posto di lavoro statale o parastatale assicurato a vita. A partire dai giornalai ro$$i della R$I che fanno propaganda chiusurista (altro che servizio pubblico!) stipendiati con i soldi di chi, a seguito  delle chiusure, andrà in malora. Ma il canone più caro d’Europa dovrà pagarlo lo stesso.

Lorenzo Quadri