Ennesima azione di disturbo antisvizzera ai valichi italiani
Vogliono la libera circolazione delle persone. Perché ne traggono vantaggi alla grande. Però non vogliono la libera circolazione delle biciclette. Sembra uno scherzo. Non lo è. E non è neppure una barzelletta. Di chi stiamo parlando? Degli amici a sud, lo si sarà capito. Qual è la loro ultima brillante trovata? Ce lo riferisce la RSI. Poco sospetta – assai poco… – di filo leghismo.
Lo scorso sabato, al valico di Ponte Tresa, per qualche misterioso ghiribizzo la Guardia di Finanza ha messo in piedi un controllo a tappeto. Nei confronti dei ciclisti. Nella “rete” sono infatti caduti proprio i tanti ciclisti ticinesi che fanno il giro del Ceresio sconfinando in Italia. Al momento di varcare la frontiera sono stati fermati in 46. È stato loro chiesto di provare che la due ruote fosse stata acquistata in Svizzera, oppure regolarmente sdoganata. Adesso sta a vedere che bisogna anche girare in bicicletta con la ricevuta d’acquisto del velocipede nel taschino!
Iniziativa incomprensibile
Questa iniziativa italiana è incomprensibile. Non si capisce a cosa serva. Anche se un sospetto c’è. Ossia che serva solo a dare fastidio. A creare un ennesimo elemento di disturbo.
Qui è ora di darci un taglio. E’ il colmo che la vicina Penisola non perda occasione per incitare i propri disoccupati a darsi al frontalierato, sfruttando la libera circolazione delle persone. Il Ticino si trasforma così nella valvola di sfogo per la deleteria situazione occupazionale della Penisola. Il tutto, naturalmente, a nostro danno. A Varese, quasi un giovane su due non ha lavoro.
Ecco dunque che la libera circolazione in questo caso va non solo bene, ma benissimo all’Italia. Anche perché, senza di essa, centinaia di migliaia di italiani – frontalieri, padroncini e le loro famiglie – non potrebbero collegare il pranzo con la cena. E allora, un minimo di buonsenso imporrebbe di volare basso. Invece no. Sembra che il Belpaese non perda occasione per lanciarsi in operazioni di disturbo. Dai turisti cinesi alle biciclette, ogni scusa è buona per causare problemi agli svizzerotti.
Sarà una coincidenza, ma stranamente nel periodo antecedente il pagamento dei ristorni delle imposte alla fonte dei frontalieri queste provocazioni non avvengono…
Ripagare con la stessa moneta
Se l’Italia può decidere, a proprio piacimento, di introdurre i controlli più strambi, alla faccia dei rapporti di buon vicinato, allora possiamo fare lo stesso. A sorprendere è che alle provocazioni dei nostri vicini non segua in automatico una risposta da parte elvetica. Ad esempio: ai valichi italiani vogliono passare al setaccio, chissà per quale motivo, i ciclisti ticinesi in gita? E noi piazziamo un controllo antipadroncini. Nessuno potrebbe certo lamentarsi di una tale iniziativa. I precedenti controlli hanno infatti evidenziato un’altissima percentuale di irregolarità tra i padroncini. Più della metà di essi non era in regola. Quindi effettuare controlli sistematici sarebbe del tutto giustificato. Nessuno potrebbe lamentarsi. Ad esempio: se oltre la metà degli svizzeri non pagasse le imposte o rifiutasse di fare servizio militare, forse che la Confederazione non interverrebbe con l”artiglieria pesante”? E allora bisogna fare lo stesso con i padroncini irregolari.
La vicina Penisola, ormai dovremmo averlo capito, è bravissima nel prodursi in dimostrazioni d’amicizia. Naturalmente, solo a parole: sorrisi e discorsi fumogeni. Intanto nella pratica quotidiana fa tutt’altro. Impariamo almeno a non farci sempre prendere per i fondelli. Come pensiamo di essere un interlocutore credibile se rifiutiamo di farci rispettare, quando, oltretutto, ne avremmo benissimo i mezzi?
Lorenzo Quadri