In Ticino le votazioni federali dello scorso fine settimana hanno raccolto risultati assai significativi.

Estremamente positivo il nettissimo njet alla maxi-imposta sulle successioni e sulle donazioni, oltretutto retroattiva, proposta dagli evangelici, sul cui carro erano immediatamente saltati (come poteva essere diversamente?) i kompagni del partito delle tasse.

Un’imposta che, se approvata, avrebbe inferto l’ennesimo duro colpo alle condizioni quadro svizzere in generale e ticinesi in particolare per le imprese e per chi ha qualcosa: tanto più che i famosi due milioni di limite soglia sarebbero stati calcolati sul valore commerciale (chi li calcola?). L’iniziativa, se approvata, avrebbe messo in pericolo l’esistenza di tante aziende familiari e azzerato la nostra attrattività per i ricchi contribuenti stranieri. Ma è evidente che gli iniziativisti vogliono solo gli stranieri che delinquono o che sono a carico dello stato sociale. Tra i più penalizzati ci sarebbe stato il Ticino, la cui competitività fiscale è da tempo andata a ramengo.

Nuova imposta

A livello federale il canone obbligatorio per tutti è purtroppo passato, seppure per un soffio. Il Ticino, però, ha detto No, seppure con margine ridotto. La maggioranza dei ticinesi, dunque, non ha ceduto ai ricatti e alle intimidazioni con cui il fronte del sì ha voluto far passare una nuova, iniqua imposta pro saccoccia SSR. Un’imposta che, come la storia insegna, è destinata ad aumentare. E aumenterà. Iniqua perché, come sappiamo, costringe a passare alla cassa anche chi non vuole o non può usufruire della prestazione per cui paga quello che rimane il canone – ormai trasformato in tassa – più caro d’Europa. Da notare che pagherà chi non ha né una radio né una televisione, pagherà chi non riceve il segnale, pagheranno i ciechi ed i sordi, ma non pagheranno i dipendenti della SSR. Compresi i manager da mezzo milione all’anno. Per loro provvederà l’azienda. Naturalmente con i nostri soldi.

Paragoni azzardati

Gli argomenti che si sono sentiti a giustificazione dell’ingiustificabile “canone obbligatorio” fanno sinceramente sorridere. Ad esempio l’azzardato paragone della radioTV con la scuola. Ossignùr. E’ evidente che il funambolico accostamento non sta né in cielo né in terra. La scuola è un servizio di base al cittadino. La radioTv no. E’ un prodotto legato al tempo libero e, nel caso della RSI, un piano occupazionale. Per informarsi, akkulturarsi e tutte le belle cosette molto politikamente korrette con cui ci hanno tirato la testa come un lampione negli scorsi mesi non c’è affatto bisogno né della radio né della televisione. Soprattutto oggi, ci sono molti altri strumenti.

Fregnacce a geometria variabile

Il Ticino, e c’è da andarne fieri, non ha ceduto allo squallido ricatto dei tagli alle risorse della RSI in caso di no alla modifica di legge. Anche perché oggetto della votazione non era affatto la ridistribuzione delle risorse del canone all’una o all’altra regione linguistica, bensì le modalità di prelevamento di queste risorse. Il cui ammontare – pure questo è stato detto – dovrebbe (il condizionale è veramente d’obbligo) rimanere invariato. Promessa che tuttavia, e non c’è bisogno del Mago Otelma per prevederlo, verrà ben presto disattesa. Anche quello che mena il gesso ha infatti capito che la nuova imposta salirà.

 E’ il colmo, dunque, che adesso che la nuova imposta è stata purtroppo approvata, si vada a blaterare che il No ticinese mette a rischio la quota-parte di canone destinata alla RSI. E’ ora di piantarla di raccontare fregnacce a geometria variabile. Prima si diceva che se non passava la modifica di legge le risorse per la Svizzera italiana erano a rischio. Adesso si dice che sono a rischio malgrado sia passata la modifica? Ma per cortesia!

RSI bocciata

Tuttavia il responso delle urne in Ticino ha anche una evidente valenza politica. Nel nostro Cantone è passato il No alla nuova imposta. E’ passato malgrado i ricatti, le pressioni, le strumentalizzazioni di altisonanti concetti quali “federalismo” e “coesione nazionale”, di cui si è abusato (e ancora si abuserà) senza vergogna per mettere le mani nelle tasche della gente. E a farlo è stato proprio chi quegli stessi principi non esita un secondo a calpestarli quando fa comodo. Un No che costituisce un chiaro voto di sfiducia nei confronti della RSI che, invece di fare servizio pubblico, fa propaganda di $inistra; un’azienda che la $inistra gestisce, tramite l’incestuosa cooperativa CORSI, come se fosse cosa sua. La RSI colonizzata dai kompagni ha perso la fiducia dei ticinesi. Negli sfarzosi uffici dirigenziali di Comano un “ripensamento” (eufemismo) è urgente.

Lorenzo Quadri